L’Ultimo Enigma

L’Ultimo Enigma

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Ogni segreto ha un prezzo, ma alcuni costano la vita

Prologo.

Londra, 1998

Il vento era un sibilo gelido tra i vicoli di Brick Lane, un promemoria che qualcosa stava cambiando. Henry Hart sapeva che quella sarebbe stata la sua ultima missione. I documenti che portava nello zaino erano troppo pericolosi, anche per un uomo della sua esperienza.

Camminava veloce, le mani strette attorno alle cinghie dello zaino, mentre controllava ogni ombra. Era sempre stato abile a svanire tra le pieghe della notte, ma quella volta si sentiva esposto. Sapeva di essere seguito.

Quando raggiunse il punto di scambio, una fabbrica abbandonata al confine della città, il suo contatto era già lì. Una donna, il viso nascosto sotto un cappuccio.
«Hai il file?» chiese, la voce calma, ma tesa.

Henry annuì e allungò lo zaino. «Non posso fermarli da solo. Tu sai cosa fare.»

La donna prese il pacco, ma prima che potesse dire altro, un’esplosione squarciò il silenzio. La porta principale della fabbrica volò in mille pezzi, seguita da una pioggia di vetri. Uomini armati irruppero, i loro fucili puntati su Henry.

«CORRI!» gridò alla donna, ma era troppo tardi.

Henry Hart non uscì vivo da quella fabbrica. Ma quel file, l’Enigma di Pandora, sarebbe stato il suo lascito al mondo. Un’eredità che avrebbe cambiato il destino della sua famiglia – e del pianeta intero.


Capitolo 1: La Chiamata nella Notte

La pioggia scendeva senza sosta sulla città. Evelyn Hart sedeva al buio del suo piccolo appartamento, le mani intorno a una tazza di tè ormai freddo. Fuori, le luci dei lampioni si riflettevano sulle strade bagnate, disegnando arabeschi di luce sull’asfalto.

Era stata una giornata lunga al centro di analisi forense. La vita di Evelyn era fatta di routine e numeri. Decodificare algoritmi, analizzare codici cifrati, svelare segreti che nessuno avrebbe mai dovuto conoscere. Tutto sembrava sotto controllo, almeno fino a quel momento.

Il telefono squillò.

Evelyn lo fissò per un istante, confusa. Non riceveva mai chiamate a quell’ora. Sul display compariva un numero sconosciuto.

«Pronto?» disse esitante.

Ci fu un momento di silenzio, poi una voce roca parlò. «Evelyn? Sei tu?»

Il cuore le si fermò. Riconobbe quella voce, anche se era impossibile.
«Chi parla?» chiese, la voce più dura di quanto intendesse.

«Non c’è tempo. Mi ascolti: ho bisogno del tuo aiuto. Hanno scoperto tutto.»

Prima che potesse rispondere, la linea si interruppe. Evelyn rimase immobile, lo sguardo fisso sul telefono. Non era possibile. La voce apparteneva a suo fratello, Christopher Hart.

Ma Christopher era morto quindici anni prima.


Capitolo 2: L’Uomo che Non Doveva Esistere

La notte era fredda e immobile, ma Evelyn non riusciva a calmarsi. L’appartamento sembrava improvvisamente troppo piccolo, le pareti chiudevano su di lei. Aveva sempre vissuto di logica e razionalità, ma quella telefonata aveva squarciato ogni certezza.

Quindici anni. Tanto era passato da quando aveva ricevuto la notizia della morte di suo fratello. Christopher era l’eroe della famiglia, il prodigio militare che aveva seguito le orme del padre, diventando una delle menti più brillanti dei servizi segreti. Evelyn, al contrario, era sempre stata quella che restava nell’ombra, immersa nei suoi studi di crittografia.

Ricordava ancora il giorno in cui avevano bussato alla porta di casa. Sua madre era caduta in ginocchio, e il padre si era limitato a fissare il vuoto, la mascella serrata. “Un incidente durante una missione,” avevano detto. Niente di più. Nessun corpo da seppellire, nessuna spiegazione. Da allora, la loro famiglia non era più stata la stessa.

E ora, quella voce. La voce di Christopher.

Con le mani che tremavano, Evelyn accese il laptop. Aveva imparato a tracciare segnali durante la sua formazione come crittografa. Pochi comandi le permisero di rintracciare l’origine della chiamata. Quando apparve la posizione, il respiro le si fermò: Berlino.


Dodici ore dopo, Evelyn era in volo.

Non era un viaggio pianificato. Aveva lasciato il suo lavoro senza una parola, e aveva acquistato il biglietto con i risparmi di una vita. Mentre l’aereo attraversava le nuvole, continuava a domandarsi se stesse facendo un errore. La razionalità le diceva che poteva trattarsi di una trappola, ma una parte di lei non riusciva a ignorare quella voce.

L’arrivo a Berlino fu freddo e inospitale, come la città stessa. Le strade erano grigie e fredde, punteggiate da macchine che sfrecciavano senza sosta. Evelyn si sentiva piccola e insignificante, persa in una città che non conosceva.

Seguendo le coordinate che aveva trovato, si diresse verso un quartiere industriale vicino al fiume Sprea. L’edificio davanti a lei era vecchio e malandato, con finestre rotte e pareti coperte di graffiti. Sembrava abbandonato, ma Evelyn aveva imparato che l’apparenza spesso inganna.

Un’auto passò lenta accanto a lei, e il cuore le balzò in gola. Cercò di non far caso al panico crescente mentre si avvicinava alla porta dell’edificio. Era arrugginita, ma non chiusa. Entrò.

L’interno era ancora più desolato dell’esterno. Il pavimento era coperto di polvere e frammenti di vetro. L’odore di muffa impregnava l’aria. Evelyn si guardò intorno, cercando un segno, un indizio.

Fu allora che lo sentì. Un rumore di passi dietro di lei.

Si voltò di scatto, il cuore che batteva all’impazzata. Un uomo alto, vestito di nero, stava in piedi all’ingresso. Il volto era parzialmente nascosto da un cappuccio, ma i suoi occhi erano fissi su di lei. Evelyn fece un passo indietro, le mani alzate istintivamente.

«Chi sei?» chiese, la voce tremante.

L’uomo avanzò lentamente, poi si tolse il cappuccio. Evelyn sussultò. Non poteva essere vero.

«Christopher?»

Per un momento, il tempo sembrò fermarsi. Evelyn fissava quel volto che conosceva così bene, ma che non avrebbe mai pensato di rivedere. Era più magro, più segnato, ma non c’era dubbio. Era suo fratello.

«Non c’è tempo,» disse Christopher, afferrandola per un braccio. La sua voce era bassa, urgente. «Ci stanno seguendo.»

«Aspetta! Seguendo? Chi? Che diavolo sta succedendo?» Evelyn cercò di liberarsi dalla sua presa, ma Christopher non mollò.

«Te lo spiegherò dopo,» rispose lui, tirandola verso una porta sul retro. «Ora dobbiamo uscire di qui.»

Prima che potesse rispondere, un rombo di motore li interruppe. Evelyn si voltò giusto in tempo per vedere un’auto nera fermarsi bruscamente davanti all’edificio. Tre uomini scesero, armati e con espressioni minacciose.

«Chi sono?» chiese Evelyn, la voce carica di terrore.

Christopher la spinse dietro una colonna di cemento. «Lavorano per Victor Krahn. Non faranno prigionieri.»

«Victor Krahn? Di chi stai parlando?»

Christopher si voltò verso di lei, gli occhi carichi di tensione. «È una lunga storia. Ma se non usciamo vivi da qui, non avrai bisogno di saperlo.»

Evelyn trattenne il fiato mentre i passi degli uomini si avvicinavano. Christopher tirò fuori una pistola, facendo cenno a Evelyn di rimanere bassa. Lei annuì, anche se il terrore le paralizzava le gambe.

All’improvviso, uno sparo squarciò il silenzio. Evelyn si gettò a terra, il cuore che martellava nel petto. Christopher si mosse con precisione militare, abbattendo uno degli uomini con un colpo secco. Ma altri due avanzavano, le loro armi puntate nella loro direzione.

«Andiamo!» gridò Christopher, afferrandola per la mano e trascinandola verso una scala sul retro. Evelyn si alzò a fatica, cercando di non farsi sopraffare dal panico.

Quando raggiunsero il tetto, Evelyn vide una scala antincendio che scendeva sul lato opposto dell’edificio. Christopher la spinse verso la scala, mentre dietro di loro si udivano altri spari.

«Non fermarti!» gridò.

Evelyn scese il più velocemente possibile, il cuore che batteva all’impazzata. Quando toccò terra, Christopher era già accanto a lei. La afferrò per un braccio e la trascinò in una stradina laterale.

Quando finalmente si fermarono, Evelyn era senza fiato. Si voltò verso suo fratello, ma non riuscì a trattenere la rabbia.

«Che diavolo sta succedendo? Chi erano quegli uomini? E come diavolo sei vivo?»

Christopher la fissò, il viso teso. «Ci sono cose che non sai, Evelyn. Ma l’unica cosa che devi sapere ora è che tutto ruota attorno a un file. L’Enigma di Pandora.»

«L’Enigma di Pandora?» chiese Evelyn, confusa.

Christopher annuì, con uno sguardo cupo. «E fidati di me, Evelyn. Se quel file finisce nelle mani sbagliate, il mondo come lo conosciamo sarà distrutto.»


Capitolo 3: Il Codice del Traditore

La stanza era immersa in un silenzio rotto solo dal suono metallico della tastiera di Evelyn. Erano passate tre ore da quando lei e Christopher si erano rifugiati in un piccolo appartamento sicuro a Berlino, un luogo anonimo, scelto con la precisione paranoica di suo fratello.

La mente di Evelyn era in costante movimento. Ogni cosa che credeva di sapere sulla sua vita stava crollando sotto il peso di segreti che nemmeno immaginava. La presenza di Christopher, vivo e in fuga, era un enigma che non riusciva a decifrare. Ma ciò che la tormentava di più era il file di cui lui parlava: L’Enigma di Pandora.

Christopher era appoggiato alla finestra, scrutando la strada sottostante con uno sguardo vigile. La pistola era posata accanto a lui, il dito pronto a scattare al minimo rumore. Evelyn lo osservava di tanto in tanto, cercando di collegare l’uomo davanti a lei con il ragazzo che ricordava. C’era qualcosa di rotto in lui, qualcosa che non riusciva a spiegare.

«Quindi,» disse Evelyn, rompendo il silenzio, «vuoi spiegarmi cosa diavolo è questo file?»

Christopher non si voltò subito. Restò a fissare fuori dalla finestra per un lungo momento, poi parlò. «È una lista.»

Evelyn alzò un sopracciglio. «Una lista? Questo è tutto?»

«No,» rispose lui, finalmente voltandosi verso di lei. «È la lista di tutti gli asset del Consiglio del Nulla. Leader politici, banchieri, CEO, generali… tutti quelli che tirano le fila del mondo. E non solo: contiene anche codici di accesso, transazioni illegali, comunicazioni criptate. In pratica, è il cuore del loro potere.»

Evelyn rimase senza parole. Aveva sentito parlare di teorie del complotto sul controllo globale, ma le aveva sempre archiviate come fantasie paranoiche. Ora, però, suo fratello le stava dicendo che non solo erano reali, ma che lui era nel mezzo di tutto.

«Come fai a sapere tutto questo?» chiese lei, fissandolo con sospetto.

Christopher esitò, poi si sedette di fronte a lei. Il suo volto era teso, segnato dalla fatica. «Perché facevo parte di loro.»

Evelyn sentì un brivido correre lungo la schiena. «Che cosa?»

Christopher si passò una mano tra i capelli, evitando il suo sguardo. «Mi hanno reclutato dieci anni fa, dopo che ho lasciato l’esercito. Il Consiglio cerca sempre menti brillanti da manipolare, e io ero il candidato perfetto. Mi hanno addestrato, mi hanno dato risorse, e io ho fatto quello che mi chiedevano… finché non ho scoperto cosa stavano davvero facendo.»

Evelyn si sporse in avanti, la rabbia e la confusione che si mescolavano nella sua voce. «E cosa stavano facendo?»

Christopher la guardò, i suoi occhi carichi di dolore. «Preparavano il mondo per un unico governo globale, controllato da loro. Manipolano crisi economiche, guerre, pandemie… tutto per consolidare il loro potere.»

Evelyn si alzò in piedi, incapace di stare ferma. «E tu pensi che con questo file possiamo fermarli?»

«Non lo penso,» rispose Christopher, con una calma inquietante. «Lo so.»


Più tardi quella notte, Evelyn lavorava al computer, cercando di decifrare una parte del file che Christopher era riuscito a ottenere. I codici erano complessi, ma c’era qualcosa di familiare in essi.

«Questi schemi… li ho già visti,» mormorò Evelyn, le dita che correvano veloci sulla tastiera.

Christopher si avvicinò. «Cosa intendi?»

Lei alzò lo sguardo verso di lui, la consapevolezza che si accendeva nei suoi occhi. «Sono gli stessi algoritmi che papà mi insegnava quando ero bambina. Lui… faceva parte di tutto questo, vero?»

Christopher annuì lentamente. «Sì. Papà era uno dei fondatori del Consiglio. Ma quando si rese conto di cosa stavano facendo, cercò di distruggerlo. È per questo che l’hanno ucciso.»

Evelyn sentì il mondo crollarle addosso. Tutto ciò che credeva di sapere sulla sua famiglia era una bugia.

Prima che potesse dire altro, un suono proveniente dall’esterno li fece sussultare. Christopher afferrò la pistola e fece cenno a Evelyn di spegnere il computer.

Un momento dopo, la porta esplose.


Capitolo 4: La Scia di Polvere e Sangue

L’esplosione fu improvvisa, una deflagrazione che fece tremare le pareti dell’appartamento sicuro. Evelyn si trovò a terra, le orecchie che ronzavano e la vista offuscata dal fumo. Christopher era già in piedi, la pistola in mano, muovendosi con precisione e freddezza.

«Alzati! Muoviti!» gridò, afferrandola per un braccio e trascinandola verso la finestra.

«Che diavolo sta succedendo?» urlò Evelyn, tossendo per il fumo che si stava diffondendo nella stanza.

«Hanno trovato noi e il file. Non possiamo rimanere qui.»

Un secondo colpo squarciò la porta, e una pioggia di schegge e detriti si riversò nella stanza. Evelyn vide chiaramente gli uomini armati che irrompevano, le armi puntate nella loro direzione. Christopher sparò due colpi precisi, abbattendone uno, poi fece cenno a Evelyn di seguirlo verso la scala antincendio.

Salirono sul tetto, il rumore degli spari che continuava a echeggiare dietro di loro. Evelyn si sentiva il cuore battere come un tamburo, il sangue che le martellava nelle orecchie. La paura era paralizzante, ma la determinazione di suo fratello era come un’ancora.

Raggiunto il tetto, Christopher si fermò, scrutando l’orizzonte. «Dobbiamo saltare.»

Evelyn guardò oltre il bordo. La distanza al tetto successivo sembrava insormontabile. «Sei impazzito? Non ce la faremo mai!»

Christopher la fissò, il volto serio. «Hai un’alternativa? O salti, o loro ci prendono.»

Non c’era tempo per discutere. Evelyn si lanciò, il vuoto sotto di lei che sembrava durare un’eternità. Quando atterrò sull’altro lato, le gambe le cedettero, ma Christopher era già accanto a lei, tirandola su.

Dietro di loro, gli uomini armati erano già sul tetto. Uno di loro gridò qualcosa in una lingua che Evelyn non riconobbe, ma il significato era chiaro: non avrebbero desistito.

«Andiamo!» disse Christopher, trascinandola verso un lucernario aperto.

Si calarono all’interno di un magazzino abbandonato, le cui ombre sembravano muoversi come spettri. Evelyn si accasciò contro un muro, cercando di recuperare fiato, mentre Christopher controllava il perimetro.

«Non possiamo continuare così,» disse lei, la voce tremante. «Non possiamo scappare per sempre.»

Christopher si voltò verso di lei, il volto segnato dalla stanchezza. «Non stiamo scappando. Stiamo preparando il contrattacco.»


Capitolo 5: Dentro il Labirinto

Il nascondiglio successivo era un vecchio bunker sotterraneo, un relitto della Guerra Fredda nascosto nei sobborghi di Berlino. Christopher l’aveva usato in passato come base operativa, e il posto era equipaggiato con tutto il necessario: computer, armi, provviste.

Evelyn si sedette davanti a una delle postazioni informatiche, le dita che scorrevano veloci sulla tastiera. Il file che Christopher le aveva consegnato era protetto da livelli di crittografia complessi, ma Evelyn era determinata a svelarne i segreti.

«Questo codice… è come un labirinto,» mormorò, osservando le stringhe di dati sullo schermo. «Ogni volta che penso di aver trovato la chiave, mi ritrovo in un vicolo cieco.»

Christopher si avvicinò, posandole una mano sulla spalla. «Se c’è qualcuno che può farcela, sei tu.»

Evelyn alzò lo sguardo verso di lui, cercando di ignorare il peso della responsabilità che sentiva sulle spalle. «E se non ce la facessi? Se fosse tutto inutile?»

Christopher non rispose subito. Poi si chinò verso di lei, il tono della sua voce che si fece più morbido. «Non possiamo permetterci di pensare così. Questo file è l’unica cosa che abbiamo per fermarli.»

Le sue parole le diedero una scintilla di determinazione. Tornò al lavoro, decifrando il codice riga dopo riga, ogni click della tastiera come un passo in un territorio inesplorato.

Finalmente, dopo ore di lavoro, un’immagine apparve sullo schermo: un diagramma complesso, con linee e connessioni che si intrecciavano come ragnatele. Evelyn lo osservò, il cuore che accelerava.

«È una mappa,» disse, con un filo di voce.

Christopher si avvicinò. «Di cosa?»

Evelyn indicò uno dei nodi centrali. «Di loro. Di tutto il Consiglio del Nulla. Questo mostra i loro membri, le loro connessioni, le loro basi operative… è tutto qui.»

Christopher la guardò, la determinazione che brillava nei suoi occhi. «Ora sappiamo dove colpire.»


Capitolo 6: La Voce del Nemico

La scoperta della mappa cambiò tutto. Evelyn e Christopher sapevano che il prossimo passo sarebbe stato rischioso, ma necessario: infiltrarsi in una delle basi principali del Consiglio per raccogliere prove definitive.

Il primo obiettivo era un magazzino a Lipsia, un hub logistico che secondo la mappa ospitava server critici del Consiglio. Evelyn era riluttante: il pericolo era troppo grande, e la loro copertura precaria. Ma Christopher era irremovibile.

«Ogni minuto che perdiamo è un passo in più per loro verso il controllo totale,» disse lui, caricando un fucile. «Non possiamo esitare.»

La missione iniziò sotto una coltre di oscurità. Evelyn si infilò in un piccolo condotto di ventilazione, il cuore che le martellava nel petto, mentre Christopher la copriva da terra. Il loro obiettivo era chiaro: raggiungere il server centrale e copiare i dati prima che la sicurezza li scoprisse.

Quando finalmente arrivarono al cuore della struttura, Evelyn si mise al lavoro sul terminale principale. Ma prima che potesse completare il download, una voce risuonò alle sue spalle.

«Sapevo che avresti trovato il file, Christopher. E sapevo che saresti venuto qui.»

Evelyn si voltò di scatto, trovandosi faccia a faccia con un uomo alto, dai capelli grigi e dagli occhi gelidi: Victor Krahn.


Capitolo 7: L’Ombra del Consiglio

Victor Krahn sorrideva con la calma di un predatore sicuro della sua vittoria. Evelyn si trovava bloccata tra il terminale e la figura imponente dell’uomo, incapace di muoversi.

«Sai, tuo fratello è sempre stato il mio preferito,» disse Krahn, fissando Christopher. «Un soldato brillante, un leader nato. È un peccato che tu abbia deciso di tradirci.»

Christopher alzò la pistola, ma Krahn alzò una mano, fermandolo. «Ti consiglio di pensarci due volte prima di premere quel grilletto. Il sistema di sicurezza qui è… piuttosto sensibile. Uno sparo e il tuo prezioso file diventerà polvere digitale.»

Evelyn sentì il cuore accelerare. La sua mano si mosse lentamente verso il tastierino del terminale, cercando di completare il download senza attirare l’attenzione. Krahn la notò e sorrise.

«Ah, Evelyn. La brillante crittografa. Il tuo talento è stato una spina nel fianco del Consiglio per troppo tempo. Ma ora sei qui, e ho intenzione di mettere fine a tutto questo.»

«Non lo permetterò,» rispose Christopher, con un tono di voce tagliente.

Krahn lo ignorò, camminando lentamente verso Evelyn. «Sai cosa contiene quel file, vero? Non è solo una lista di nomi. È un’arma. È un progetto per il futuro del mondo, un futuro che tu non puoi nemmeno immaginare.»

Evelyn lo fissò, cercando di mantenere il sangue freddo. «Un futuro controllato da mostri come te.»

Krahn rise, un suono freddo e privo di gioia. «Mostri? No, Evelyn. Noi siamo gli architetti. Il mondo è già nel caos, e noi siamo gli unici che possono riportare ordine. Ma tu e tuo fratello continuate a interferire.»

In un attimo, Christopher si mosse. Si lanciò su Krahn, colpendolo con un pugno che lo fece barcollare. Evelyn approfittò del momento per completare il download, ma un allarme iniziò a suonare, riempiendo l’aria con un suono stridente.

«Muoviti!» gridò Christopher, afferrando Evelyn e tirandola verso l’uscita.

Le guardie di Krahn si riversarono nella stanza, aprendo il fuoco. Evelyn e Christopher correvano, schivando i proiettili e cercando una via d’uscita. Il caos era totale.

Alla fine riuscirono a uscire dalla struttura, ma non senza perdite. Christopher aveva una ferita alla spalla, e il file che Evelyn aveva scaricato era incompleto.


Capitolo 8: I Fantasmi di Berlino

Rifugiatisi in una vecchia biblioteca abbandonata, Evelyn lavorava freneticamente per ricostruire il file incompleto. Ogni volta che avanzava, si scontrava con frammenti di dati che sembravano incomprensibili, come se fossero stati deliberatamente corrotti.

Christopher osservava in silenzio, stringendo una fasciatura attorno alla spalla ferita. Il dolore non sembrava rallentarlo; il suo sguardo era fisso su Evelyn, come se aspettasse qualcosa.

«Cosa significa questo?» chiese Evelyn, puntando il dito su una stringa di codice.

Christopher si avvicinò, fissando lo schermo. «È un riferimento a un progetto classificato: Operazione Eos. Uno degli esperimenti del Consiglio. Papà ne parlava nei suoi appunti.»

Evelyn si fermò. «Aspetta… Operazione Eos? L’esperimento sul controllo del comportamento umano? Quello che teoricamente avrebbe potuto manipolare intere popolazioni?»

Christopher annuì. «Non è solo teoria. È reale. E loro hanno i mezzi per farlo funzionare.»

Evelyn sentì un’ondata di terrore attraversarla. Se quello che Christopher diceva era vero, allora il Consiglio non stava solo manipolando il potere globale. Stava cercando di riscrivere il concetto stesso di libero arbitrio.


Capitolo 9: L’Enigma di Pandora

Quando Evelyn riuscì finalmente a decifrare il file, scoprì che conteneva molto più di una lista di nomi e operazioni. L’Enigma di Pandora era un programma attivo, una rete globale progettata per infiltrarsi nei sistemi di comunicazione, nei governi, persino nelle menti delle persone attraverso i social media e la tecnologia.

«È una prigione,» mormorò Evelyn, fissando il diagramma sullo schermo. «Una prigione invisibile in cui siamo già intrappolati.»

Christopher si avvicinò. «Possiamo distruggerlo?»

Evelyn esitò. «Sì… ma se lo facciamo, c’è una probabilità che alcuni dei sistemi vitali del mondo vadano in tilt. Reti elettriche, ospedali, comunicazioni… tutto potrebbe crollare.»

Christopher rimase in silenzio per un momento, poi disse: «Non possiamo lasciare che continuino a controllarci. Dobbiamo correre il rischio.»

Evelyn annuì, ma il peso della decisione la schiacciava. Sapeva che quello che stavano per fare avrebbe cambiato il corso della storia.

Mentre lavorava per preparare il virus che avrebbe distrutto il sistema, ricevette un messaggio criptato sul suo computer. Il mittente era sconosciuto, ma il contenuto era chiaro:

“Non puoi vincere. Sei solo un pezzo della scacchiera.”

Evelyn lo fissò, sentendo una fitta di paura. Era come se il Consiglio sapesse ogni sua mossa, come se fossero sempre un passo avanti. Ma questa volta, non si sarebbe fermata.


Capitolo 10: Tradimenti e Alleanze

Il silenzio nella biblioteca abbandonata era interrotto solo dal ticchettio dei tasti del computer. Evelyn stava ultimando il virus per distruggere l’Enigma di Pandora, ma qualcosa non tornava. Ogni linea di codice che inseriva sembrava essere già prevista dal sistema. Era come se il file si adattasse ai suoi tentativi, anticipandoli.

Christopher, appoggiato al muro, osservava la scena con un’espressione tesa. La sua ferita lo stava indebolendo, ma si rifiutava di riposare. «Quanto manca?» chiese con un tono brusco.

Evelyn non rispose subito. Alla fine, si girò verso di lui, gli occhi pieni di frustrazione. «Non lo so. Questo sistema è… è vivo. È come se ci fosse qualcuno dall’altra parte che lo controlla.»

Christopher si avvicinò al computer. «Allora dobbiamo muoverci. Krahn non ci darà altra tregua.»

Prima che Evelyn potesse rispondere, un suono metallico risuonò nella stanza. Si voltò di scatto, trovandosi faccia a faccia con un uomo armato che li fissava dall’ingresso. Evelyn riconobbe immediatamente la figura: era Michael Torres, un ex collega di Christopher nei servizi segreti.

«Michael?» esclamò Christopher, con un misto di sorpresa e rabbia.

Torres alzò le mani, mostrando di non avere intenzioni ostili. «Non sono qui per combattere, Chris. Sono qui per aiutarti.»

«Come posso fidarmi di te?» replicò Christopher, puntandogli la pistola contro.

Torres fece un passo avanti, ignorando l’arma. «Perché anche a me hanno tradito. Krahn mi ha usato, come ha usato te. E ora voglio distruggerlo tanto quanto te.»

Evelyn osservò la scena con diffidenza. Era chiaro che tra Christopher e Torres c’era un passato complicato, ma in quel momento non potevano permettersi di essere schizzinosi sugli alleati. «Se vuoi aiutarci, allora dimostralo,» disse lei.

Torres annuì. «Posso portarvi alla base principale di Krahn. So dov’è e come entrare. Ma dovrete fidarvi di me.»

Christopher rimase immobile per un lungo istante, poi abbassò l’arma. «Un passo falso, e sei morto.»


Capitolo 11: La Verità Sepolta

La base principale del Consiglio del Nulla si trovava in una vecchia struttura industriale nella periferia di Varsavia. Evelyn, Christopher e Torres si infiltrarono di notte, utilizzando le conoscenze di Torres sui protocolli di sicurezza.

Evelyn si sentiva fuori posto. Ogni passo dentro quella struttura le faceva sentire il peso di qualcosa di più grande di lei. Era come camminare nel cuore delle tenebre, sapendo che ogni mossa sbagliata poteva essere l’ultima.

Quando raggiunsero la sala principale, Evelyn si fermò di fronte a un enorme server centrale. Le pareti erano coperte di schermi che mostravano flussi di dati in tempo reale: transazioni finanziarie, spostamenti di leader politici, comunicazioni criptate. Era il cervello del Consiglio, il fulcro del loro potere.

«Ecco dove tutto finisce,» disse Christopher, fissando il server.

Evelyn si mise subito al lavoro, collegando il suo computer al sistema. Ma mentre iniziava a caricare il virus, una serie di notifiche apparve sullo schermo. Qualcuno stava tentando di accedere da remoto.

«Stanno cercando di fermarmi,» mormorò Evelyn, le mani che volavano sulla tastiera.

Prima che potesse dire altro, un’immagine apparve sul monitor principale: il volto di un uomo anziano, con occhi gelidi e un’espressione impenetrabile. Evelyn lo riconobbe immediatamente.

«Papà?»

Christopher si irrigidì. Anche lui fissava lo schermo, incapace di credere a ciò che vedeva.

L’uomo sullo schermo sorrise, un sorriso privo di calore. «Salve, Evelyn. Christopher. Sapevo che sareste arrivati qui.»

Evelyn si sentì mancare il fiato. «Non è possibile. Tu sei morto.»

«No,» rispose l’uomo, con calma glaciale. «Sono sopravvissuto. E ho lavorato per costruire qualcosa di più grande. Qualcosa che voi non potete nemmeno comprendere.»

Christopher fece un passo avanti, la rabbia che si rifletteva nei suoi occhi. «Sei tu il responsabile di tutto questo? Hai distrutto la nostra famiglia. Hai tradito tutto ciò in cui credevamo.»

L’uomo inclinò la testa, come se fosse divertito. «Non avete ancora capito? Il Consiglio non è un nemico. È la soluzione. Senza di noi, il mondo collasserebbe in un caos totale. Io ho fatto quello che dovevo fare per garantire la sopravvivenza dell’umanità.»

Evelyn sentì una fitta di dolore nel petto. Ogni cosa che aveva creduto su suo padre era una bugia. Ma non poteva permettere che il suo dolore la fermasse.

«Non ti lasceremo continuare,» disse, con voce ferma.

L’uomo sorrise di nuovo. «Non potete fermarmi. È troppo tardi.»


Capitolo 12: L’Ora Zero

Le parole di suo padre riecheggiavano nella mente di Evelyn mentre lavorava freneticamente per caricare il virus. Christopher e Torres tenevano d’occhio la porta, pronti a difendersi se necessario.

Gli allarmi iniziarono a suonare, segnalando che la sicurezza stava convergendo sulla loro posizione. Evelyn sapeva di avere pochi minuti, forse meno.

«Quanto manca?» gridò Christopher.

«Quasi fatto,» rispose Evelyn, il sudore che le scendeva lungo la fronte.

La porta esplose, e un gruppo di guardie armate irruppe nella stanza. Christopher e Torres aprirono il fuoco, cercando di guadagnare tempo. Evelyn ignorò il caos intorno a lei, concentrandosi solo sul codice davanti ai suoi occhi.

Quando finalmente premé l’ultimo comando, il virus iniziò a diffondersi nel sistema. Gli schermi si spensero uno dopo l’altro, e un ronzio inquietante riempì l’aria.

Evelyn si alzò, il respiro affannoso. «È fatto. L’Enigma di Pandora è distrutto.»

Ma il costo fu alto. Torres era ferito, e Christopher aveva subito un colpo alla gamba. Evelyn li aiutò a uscire dalla struttura, mentre il caos si diffondeva ovunque. Il Consiglio del Nulla stava collassando, ma Evelyn sapeva che la battaglia non era finita.


Capitolo 13: Il Rintocco Finale

La notte era fredda e silenziosa mentre Evelyn, Christopher e Torres si allontanavano dalla base del Consiglio del Nulla, ormai in preda al caos. Ma non erano ancora al sicuro. L’intero edificio si era illuminato di rosso, e le sirene delle forze d’elite del Consiglio riempivano l’aria.

Evelyn aiutava Christopher a camminare, il braccio di lui appoggiato sulle sue spalle. Torres, nonostante la ferita al fianco, li guidava attraverso un’uscita laterale. Le loro possibilità di fuga si stavano riducendo a ogni passo.

Raggiunsero un capannone poco distante, cercando di nascondersi mentre le forze di Krahn li cercavano. Evelyn sapeva che avevano fermato l’Enigma di Pandora, ma il Consiglio non avrebbe rinunciato così facilmente. E Victor Krahn era ancora là fuori.

«Non possiamo rimanere qui,» disse Torres, guardando attraverso una fessura nel muro. «Ci troveranno.»

Christopher si accasciò contro un muro, il volto pallido per la perdita di sangue. «Non importa. Abbiamo fermato il file. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare.»

Evelyn scosse la testa, la determinazione che brillava nei suoi occhi. «Non basta. Krahn è ancora vivo. Se non lo fermiamo, ricostruirà tutto.»

Torres annuì. «So dove potrebbe essere. C’è un’ultima base fuori città. Se vogliamo chiudere i conti, dobbiamo andare lì.»

Christopher cercò di protestare, ma Evelyn gli rivolse uno sguardo duro. «Non è solo la tua battaglia, Chris. È anche la mia. E io non mi fermerò finché non sarà finita.»


La base di Krahn era un complesso sotterraneo, nascosto sotto un’antica villa ai margini di una foresta. Evelyn e Torres si infiltrarono attraverso una rete di tunnel, lasciando Christopher al sicuro in un veicolo rubato.

Il cuore di Evelyn batteva forte mentre si avvicinavano al cuore della base. La tensione era palpabile, ogni passo un rischio calcolato. Quando finalmente raggiunsero la sala principale, Evelyn si trovò faccia a faccia con Krahn.

Lui la fissò con calma glaciale, come se l’avesse aspettata. «E così sei arrivata fino a qui. Devo ammettere che sei più tenace di quanto pensassi.»

Evelyn alzò la pistola, ma Krahn non si mosse. «Non cambierà nulla,» disse lui. «Anche se mi uccidi, il Consiglio vivrà. Le nostre radici sono troppo profonde.»

«Allora inizierò con te,» rispose Evelyn, la voce ferma.

Prima che potesse sparare, Krahn fece un passo avanti. «Pensi davvero che questo sia il fine? L’Enigma di Pandora non era il nostro unico progetto. C’è molto di più in gioco, e tu non puoi nemmeno immaginare ciò che abbiamo pianificato.»

Evelyn esitò per un istante, ma bastò perché Krahn afferrasse un’arma nascosta. Torres reagì immediatamente, lanciandosi su di lui. Nella lotta, il colpo di Krahn colpì Torres al petto, facendolo crollare al suolo.

Evelyn urlò, ma usò quel momento per sparare a Krahn, un colpo preciso che lo fece cadere. Il silenzio calò nella stanza, rotto solo dal respiro affannoso di Evelyn.

Si avvicinò a Torres, che giaceva in una pozza di sangue. «Hai fatto abbastanza,» disse lui, con un sorriso debole. «Ora tocca a te finire il lavoro.»

Evelyn si inginocchiò accanto a lui, le lacrime che le rigavano il volto. «Non avresti dovuto…»

Torres le afferrò la mano, stringendola con le ultime forze. «Era l’unico modo. Vai, Evelyn. Fai in modo che tutto questo valga qualcosa.»

Con quelle parole, Torres chiuse gli occhi, lasciando Evelyn sola nella sala.


Capitolo 14: La Fine del Gioco

Con Krahn morto e il Consiglio in disordine, Evelyn e Christopher tornarono a Berlino, dove tutto era iniziato. Le notizie della caduta del Consiglio del Nulla si stavano già diffondendo, ma Evelyn sapeva che la vittoria aveva un costo altissimo.

Il file dell’Enigma di Pandora era stato distrutto, ma i suoi frammenti continuavano a vivere nei sistemi globali. Evelyn passò giorni cercando di cancellare ogni traccia, sapendo che bastava un solo errore perché qualcuno ricostruisse tutto.

Christopher, ancora ferito, osservava sua sorella lavorare senza sosta. «Hai fatto abbastanza,» le disse un giorno. «Non puoi salvare il mondo da sola.»

Evelyn lo fissò, il volto segnato dalla stanchezza. «Non posso fermarmi, Chris. Non finché non sarò sicura che tutto questo non possa mai più accadere.»


Quando finalmente completò il suo lavoro, Evelyn prese una decisione. Prese la chiave USB con gli ultimi frammenti del file e si diresse verso il Tamigi, proprio come aveva immaginato tante volte.

Christopher la seguì, restando a distanza mentre lei si fermava sul ponte. Evelyn osservò l’acqua scorrere sotto di lei, il peso di tutto ciò che aveva vissuto che finalmente la raggiungeva.

Con un gesto deciso, lasciò cadere la chiave USB nel fiume.

«È davvero finita?» chiese Christopher, avvicinandosi.

Evelyn annuì, ma il suo sguardo rimase fisso sull’acqua. «Forse non lo sarà mai del tutto. Ma almeno ora abbiamo una possibilità.»


Capitolo 15: Oltre il Buio

Le settimane successive furono un misto di calma e caos. Il Consiglio del Nulla era stato smantellato, ma le sue radici avevano lasciato il mondo in uno stato di incertezza. Evelyn sapeva che ci sarebbero sempre stati altri Krahn, altri nemici pronti a ricostruire il sistema.

Ma questa volta, era pronta.

Evelyn tornò a lavorare come crittografa, ma con un obiettivo diverso: proteggere ciò che era rimasto del libero arbitrio dell’umanità. Christopher, nel frattempo, si ritirò in una piccola città, cercando di ricostruire una vita normale.

Un giorno, Evelyn ricevette un messaggio anonimo sul suo computer. Lo aprì con cautela, il cuore che batteva forte. Conteneva solo una frase:

“Il Consiglio non muore mai.”

Evelyn chiuse il messaggio, fissando lo schermo. La battaglia era finita, ma la guerra era appena iniziata.


Epilogo: Il Nuovo Inizio

La pioggia cadeva leggera sulla città. Evelyn camminava tra la folla, il cappotto che la proteggeva dal freddo. Alzò lo sguardo verso il cielo grigio, sentendo una nuova determinazione crescere dentro di lei.

Non sapeva cosa l’aspettasse, ma una cosa era certa: non avrebbe più vissuto nell’ombra.

Ogni fine è un nuovo inizio.

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