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Il silenzio della notte è rotto solo dal fruscio delle foglie mosse dal vento. In una casa illuminata da una luce soffusa, una madre sorride mentre i suoi bambini si addormentano. È un momento di pace, una scena che parla di normalità, di amore, di vita semplice.
Ma quella normalità viene spezzata in un attimo. La porta si spalanca con violenza, e il buio si riempie di urla, spari, caos. Quando tutto si placa, il silenzio torna, ma è un silenzio irreparabile, carico di dolore. Le vite di una donna e dei suoi figli sono state spazzate via. E un uomo, lontano da casa, sente che qualcosa è cambiato per sempre.
Quell’uomo è Marco Vitali, un falegname e un padre amorevole, che quella notte trova la sua casa trasformata in una scena di morte. Mentre la polizia parla di una “rapina finita male”, Marco sa che c’è qualcosa di più. E quando le istituzioni falliscono nel portare giustizia, Marco si rende conto che l’unico modo per onorare la memoria della sua famiglia è prendere in mano la situazione.
Da quella notte, Marco intraprende un cammino oscuro e violento. Non è un eroe. Non è un uomo di legge. È solo un padre che ha perso tutto, deciso a portare giustizia in un mondo dove regnano corruzione e crudeltà.
Ma la vendetta ha un prezzo. E alla fine del suo viaggio, Marco scoprirà se è ancora possibile trovare pace in un cuore devastato, o se il buio lo avrà consumato del tutto.
Quando la legge fallisce, la vendetta diventa l’unica strada
Capitolo 1: L’Inizio della Fine
La giornata inizia come tante altre nella vita di Marco Vitali. La cittadina in cui vive sembra un luogo tranquillo, quasi sospeso nel tempo. Le strade sono poco trafficate, e il profumo di pane appena sfornato si mescola all’odore della legna che Marco taglia nel suo laboratorio.
Marco, un falegname di talento, è impegnato a rifinire un mobile commissionato da una giovane coppia. La sua attenzione al dettaglio è maniacale, e ogni colpo di scalpello sembra raccontare una storia. Non lontano, suo figlio Luca, di dieci anni, sta osservando il padre lavorare.
“Papà, mi insegni?” chiede Luca, gli occhi pieni di curiosità.
Marco sorride. “Un giorno, piccolo. Prima devi imparare a non martellarti le dita.”
Il dialogo è interrotto dall’arrivo di Elena, la moglie di Marco, che porta un vassoio di biscotti fatti in casa. La scena è serena, quasi idilliaca. Elena scherza con Marco, mentre Chiara, la figlia più piccola, gioca con una bambola nel giardino. Marco si permette un momento di pausa, godendosi la vista della sua famiglia e il suono delle loro risate.
Ma sotto questa tranquillità si nasconde un’ombra. Marco non lo sa ancora, ma la sua vita è sul punto di essere stravolta. Un camion nero passa lentamente davanti alla sua casa, i vetri oscurati impediscono di vedere chi sia al volante. Marco nota il veicolo ma non gli dà troppo peso. È solo uno dei tanti che attraversano quella strada ogni giorno.
Nel tardo pomeriggio, Marco torna al suo laboratorio. Deve finire un lavoro importante e sa che la sera sarà lunga. Elena lo saluta dalla porta, scherzando: “Non fare troppo tardi, altrimenti dovrò mangiare tutta la torta da sola!”
“Non ci provare nemmeno,” risponde Marco ridendo.
Capitolo 2: La Notte della Tragedia
La notte è calata sulla cittadina. Marco sta finendo di sistemare gli ultimi dettagli del mobile quando sente il telefono vibrare. È un messaggio da Elena: “Va tutto bene, non preoccuparti. I bambini sono già a letto. Torna presto.” Marco sorride, ma decide di restare ancora un po’. Non sa che quello sarà l’ultimo messaggio di sua moglie.
Intorno alle dieci di sera, un vicino di casa, Roberto, nota strani movimenti nella casa dei Vitali. Due figure si avvicinano alla porta, e uno di loro forza la serratura con abilità professionale. Roberto è incerto sul da farsi, ma decide di chiamare Marco. Quando Marco risponde, Roberto dice: “Non voglio allarmarti, ma ci sono due tipi strani vicino a casa tua. Hai lasciato la porta aperta?”
Marco, preoccupato, lascia tutto e si mette in macchina. La strada verso casa sembra interminabile, ogni semaforo rosso un ostacolo insormontabile. Chiama Elena, ma il telefono squilla a vuoto. L’ansia cresce con ogni metro che lo avvicina alla sua abitazione.
Quando arriva, trova la strada piena di lampeggianti blu e gialli. La polizia ha già transennato l’ingresso. Marco scende dall’auto e corre verso la porta, ma un agente lo ferma. “Signore, non può entrare.”
“È casa mia!” grida Marco, cercando di superarlo.
Dentro, una scena che Marco non dimenticherà mai. Elena è riversa sul pavimento del salotto, il sangue che forma un lago scarlatto sotto di lei. I corpi di Luca e Chiara giacciono poco distanti, abbracciati in un ultimo, disperato tentativo di protezione.
Marco crolla in ginocchio, le mani nei capelli. La sua mente non riesce a elaborare ciò che vede. Le voci della polizia sono ovattate, quasi irreali. “Rapina finita male,” dice uno degli agenti. “Non c’è molto da fare.”
L’ispettore Gianni Moretti, un uomo dai modi freddi e sbrigativi, cerca di calmare Marco. “Mi dispiace per la sua perdita. Faremo il possibile per trovare i colpevoli.” Ma le parole suonano vuote. Marco, con gli occhi pieni di lacrime, guarda l’uomo e sente che qualcosa non va. Perché la polizia è così rapida nel liquidare il caso?
La scena si chiude con Marco seduto sul marciapiede davanti a casa, il viso coperto dalle mani. Il suo mondo è stato distrutto in una notte, e una domanda lo tormenta: “Perché?”
Capitolo 3: Un Sistema Corrotto
La città sembra più grigia, più ostile. Marco cammina per le strade con il peso del mondo sulle spalle. Ogni volto che incrocia sembra sospetto, ogni sguardo un potenziale nemico. La sua famiglia è stata strappata via, e nessuno sembra interessato a fare giustizia.
Marco si presenta al commissariato il giorno dopo, con le poche energie che gli rimangono. L’ispettore Gianni Moretti, con il suo volto imperturbabile, gli offre una stretta di mano rigida. “Capisco il tuo dolore, ma ci sono limiti a ciò che possiamo fare,” dice.
“Limiti? Mia moglie e i miei figli sono stati massacrati nella mia casa!” grida Marco. “Che limiti ci sono quando si tratta di giustizia?”
Moretti si limita a scuotere la testa. “Abbiamo le nostre piste. Ti terremo aggiornato.”
Marco lascia l’ufficio con il sangue che ribolle. È chiaro che non ci sarà giustizia legale. Nel quartiere si sussurra che la famiglia De Luca controlli tutto: dalla polizia ai politici locali. Si dice che nessuno osi sfidarli.
Marco si ritrova in un bar malfamato alla periferia della città, un posto dove la luce al neon filtra appena tra il fumo delle sigarette e l’odore di alcool. Qui incontra Andrea Ricci, un ex poliziotto con una storia turbolenta. Andrea è stato espulso dalla polizia anni prima per aver denunciato colleghi corrotti.
“Non ti aspetti davvero che Moretti faccia qualcosa, vero?” chiede Andrea, prendendo un sorso dal suo bicchiere. “Quel bastardo è sul libro paga dei De Luca da anni.”
Marco è scosso, ma non sorpreso. “Quindi cosa faccio? Mi siedo e aspetto che il tempo faccia il suo corso?”
“No,” dice Andrea, guardandolo negli occhi. “Se vuoi giustizia, devi prenderla da solo.”
Andrea fornisce a Marco i primi indizi: nomi, luoghi e un quadro generale della struttura della famiglia mafiosa. Scopre che Giorgio Conti, un sicario dei De Luca, era presente la notte del massacro. Marco lo conosce solo attraverso le parole di Andrea, ma già lo odia con tutta l’anima.
Capitolo 4: Il Dolore e la Rabbia
Le notti di Marco sono tormentate da incubi. Vede il volto di Elena, sente la voce di Chiara che chiama il suo nome, il pianto disperato di Luca. Si sveglia urlando, sudato, il cuore che batte furiosamente.
“Non posso vivere così,” pensa. “Non posso lasciarli vincere.”
Il dolore di Marco è amplificato dai ricordi. Scene della sua vita familiare si intrecciano con il presente. Ricorda una serata di pioggia in cui lui ed Elena ballavano in cucina, i bambini che li guardavano ridendo. Ricorda le loro passeggiate nei boschi, le risate, la semplicità di una vita che ora sembra appartenere a un’altra persona.
Ogni ricordo alimenta la sua rabbia. Ogni risata passata è una spinta in più verso la vendetta.
Marco si rivolge nuovamente ad Andrea, chiedendogli di insegnargli tutto ciò che sa. Andrea accetta, ma con una condizione: “Se inizi questo percorso, non potrai più tornare indietro. Dovrai lasciare tutto ciò che eri una volta.”
I giorni si trasformano in settimane. Andrea addestra Marco come un soldato. Gli insegna a sparare, a combattere corpo a corpo, a muoversi inosservato. Marco, con una determinazione feroce, si immerge completamente nell’addestramento.
“Non sei più un falegname,” gli dice Andrea durante una sessione di addestramento. “Ora sei un’arma.”
La prima persona sulla lista è Giorgio Conti. Andrea fornisce a Marco informazioni dettagliate sui suoi movimenti. Conti è un sicario abituato a operare nell’ombra, ma ha delle abitudini prevedibili: frequenta una taverna isolata nelle prime ore della sera.
Marco inizia a seguirlo, osservandolo con attenzione. Ogni passo, ogni gesto di Conti viene memorizzato. Marco passa le notti a pianificare il suo primo colpo.
Capitolo 5: Il Sangue del Primo
Marco si ritrova davanti alla taverna, immerso nel buio della notte. L’insegna al neon illumina il vicolo con una luce pallida e intermittente. Dalla porta aperta, può sentire il brusio dei clienti, il tintinnio dei bicchieri e una risata roca che risuona sopra il resto. È Giorgio Conti. Marco lo riconosce immediatamente: la descrizione di Andrea era precisa, e quell’uomo arrogante e sicuro di sé non si cura di nascondersi.
Marco rimane nell’ombra, aspettando. Conti beve e scherza con due uomini, mentre Marco valuta ogni dettaglio: la pistola infilata nella cintura, il coltello che sbuca dalla tasca posteriore, il modo in cui i suoi movimenti tradiscono una falsa sicurezza. Marco sa di avere il vantaggio. Conti non lo conosce, non lo aspetta.
Quando Conti esce, barcollando leggermente, Marco lo segue. Il sicario si infila in un vicolo, probabilmente per prendere una scorciatoia verso casa. È il momento che Marco aspettava. Il vicolo è stretto, i muri ricoperti di graffiti, e l’illuminazione è quasi nulla.
“Giorgio Conti,” dice Marco, la voce ferma e glaciale. Conti si gira di scatto, la mano che corre immediatamente verso la pistola. Ma Marco è più veloce. La pistola nella sua mano è puntata dritta al petto di Conti.
“Chi sei? Che diavolo vuoi?” chiede Conti, cercando di mantenere la calma. Ma Marco vede il sudore sulla sua fronte, il tremore nelle sue mani.
“Sai chi sono,” risponde Marco, avvicinandosi lentamente. “Sono il marito di Elena. Il padre di Luca e Chiara.”
Il nome di Elena fa sbiancare Conti. “Io… io non c’entro niente,” balbetta. “Eseguivo solo degli ordini!”
“Ordini,” ripete Marco, con una calma che nasconde la furia. “Hai premuto il grilletto. Hai tolto loro la vita. Ora tocca a te.”
Conti tenta di estrarre la pistola, ma Marco lo colpisce con il calcio della sua. Conti cade a terra, il respiro ansimante. Marco gli punta la pistola alla testa.
“Chi ti ha mandato?” chiede Marco, la voce carica di rabbia.
“Era Alberto… Alberto De Luca!” confessa Conti, terrorizzato. “Mi ha detto che era un lavoro semplice. Un testimone scomodo, niente di personale!”
“Niente di personale?” urla Marco, colpendo Conti con un calcio al fianco. “Era mia moglie! Erano i miei figli!”
Conti continua a supplicare per la sua vita, ma ogni parola non fa che alimentare l’odio di Marco. Alla fine, Conti sputa fuori tutto: i dettagli dell’operazione, i nomi degli uomini coinvolti, i luoghi dove si nascondono. Ogni parola è come un coltello nel cuore di Marco, ma è anche un passo più vicino alla vendetta.
Quando Conti ha detto tutto, Marco si ferma. Il sicario è a terra, con il volto insanguinato e gli occhi pieni di paura. Marco lo guarda per un lungo momento. Sa che quello che sta per fare non lo riporterà indietro alla sua famiglia. Sa che non c’è redenzione in quello che sta facendo. Ma sa anche che il mondo sarà un posto migliore senza uomini come Giorgio Conti.
“Spero che tu bruci per quello che hai fatto,” dice Marco, prima di premere il grilletto.
Il corpo di Conti crolla a terra. Marco rimane lì per un momento, il respiro pesante, il cuore che batte furiosamente. Non sente sollievo, solo un vuoto profondo. Ma sa di aver iniziato qualcosa, e sa che non si fermerà fino a quando non avrà distrutto ogni persona responsabile della morte della sua famiglia.
Marco lascia il vicolo, sparendo nell’oscurità. La pistola è ancora calda nella sua mano, e nella sua mente si ripete un pensiero: “Uno in meno.” Ora la lista è più corta, ma il cammino davanti a lui è ancora lungo e pieno di sangue.
Capitolo 6: La Trappola del Contabile
Con Giorgio Conti eliminato, Marco si concentra sul prossimo obiettivo della sua lista: Sandro Esposito, il contabile della famiglia De Luca. Sandro è un uomo subdolo, nascosto dietro una facciata di rispettabilità. La sua arma non è la violenza fisica, ma il denaro. Ogni transazione sporca, ogni bustarella, ogni riciclaggio di denaro passa dalle sue mani.
Andrea fornisce a Marco informazioni dettagliate su Esposito: vive in un attico lussuoso nel cuore della città e raramente esce senza protezione. Lavora dietro un computer, gestendo gli affari della famiglia con precisione clinica. Marco capisce che eliminare Sandro non solo ridurrà la capacità finanziaria dei De Luca, ma invierà anche un messaggio potente.
Marco inizia a pedinare Sandro, studiando le sue abitudini. Lo segue per giorni, prendendo nota di ogni dettaglio: la routine mattutina, le guardie del corpo, i luoghi che frequenta. Sandro è prevedibile, ma ben protetto. Ogni giorno, una squadra di due uomini armati lo scorta dall’appartamento al suo ufficio e ritorno.
Marco decide che attaccare durante gli spostamenti sarebbe troppo rischioso. Opta invece per un’incursione notturna nel suo appartamento. Andrea lo aiuta a procurarsi l’attrezzatura necessaria: serrature elettroniche, visori notturni e un’arma silenziata.
“Non è un semplice sicario,” lo avverte Andrea. “Questo è un pesce grosso. Eliminarlo farà rumore, ma sarà un duro colpo per i De Luca.”
È una notte senza luna, con le luci della città che riflettono sulle finestre dell’attico di Sandro Esposito. Marco entra nell’edificio usando un accesso secondario, evitando le telecamere di sicurezza grazie a un piano ben calcolato. Ogni passo è silenzioso, ogni movimento calcolato. Quando arriva alla porta dell’attico, utilizza un dispositivo per sbloccare la serratura elettronica.
Dentro, l’appartamento è il riflesso di un uomo abituato al lusso: tappeti persiani, mobili di design, una collezione di orologi che vale quanto un piccolo appartamento. Sandro è nella sua sala principale, seduto al computer, ignaro dell’uomo che si avvicina.
“Buonasera, Sandro,” dice Marco, puntandogli la pistola. Sandro si gira di scatto, il volto sbiancato dalla paura.
“Chi… chi sei? Cosa vuoi?” balbetta, alzando le mani.
“Sai benissimo chi sono,” risponde Marco, con una calma glaciale. “Sono il marito di Elena, il padre di Luca e Chiara. E tu sei uno degli uomini che ha contribuito a distruggere la mia famiglia.”
Sandro tenta di negoziare, di guadagnare tempo. “Io… non c’entro con quella storia. Io gestisco solo i numeri! Posso darti soldi, tanto denaro quanto vuoi!”
Marco lo colpisce con il calcio della pistola, facendolo cadere dalla sedia. “Non mi interessa il tuo denaro. Voglio sapere tutto sui De Luca. Conti ha parlato di te. Sei un pezzo fondamentale del loro impero.”
Sandro crolla. In lacrime, inizia a parlare. Rivela dettagli sui conti offshore della famiglia, sui politici e gli imprenditori corrotti che lavorano con i De Luca, sui nascondigli e le rotte usate per il traffico di denaro sporco.
Quando Marco ha ottenuto tutte le informazioni, si ferma. Sandro, ora un uomo ridotto a un guscio, lo supplica: “Ti prego… lasciami andare. Non dirò niente. Non sono una minaccia per te.”
Marco lo guarda freddamente. “Tu sei una minaccia per chiunque cerchi di vivere una vita onesta.”
Premendo il grilletto, Marco elimina Sandro. Il colpo silenziato riecheggia appena nella stanza. Poi, con calma, Marco prende il computer di Sandro e i documenti incriminanti. Prima di lasciare l’appartamento, disattiva i sistemi di sicurezza e cancella ogni traccia del suo ingresso.
Il giorno dopo, la notizia della morte di Sandro Esposito si diffonde rapidamente. I De Luca sono nel caos: la morte del loro contabile è un colpo devastante alle loro operazioni finanziarie. Marco sa che il clan inizierà a cercarlo, ma non ha paura. Ha già scelto il prossimo obiettivo.
Capitolo 7: Ciccio Rinaldi – La Mano del Destino
Marco sa che eliminare Francesco “Ciccio” Rinaldi non sarà semplice. Rinaldi non è solo uno dei principali esecutori della famiglia De Luca, ma anche un uomo esperto in combattimento e conosciuto per la sua brutalità. È stato lui a coordinare l’attacco alla famiglia di Marco, e la sua eliminazione rappresenta un passo fondamentale per spezzare la spina dorsale del clan.
Grazie ai dati trovati nel computer di Sandro Esposito, Marco scopre che Ciccio gestisce una piccola rete di traffico di droga per conto dei De Luca. Le consegne avvengono attraverso un vecchio magazzino alla periferia della città. È lì che Marco decide di colpire.
Andrea gli fornisce ulteriori dettagli. “Rinaldi è pericoloso,” lo avverte. “Non è uno di quei codardi che si nascondono dietro i soldi. Se lo affronti, preparati a uno scontro all’ultimo sangue.”
Marco passa giorni a osservare il magazzino. Nota l’arrivo e la partenza di camion, i turni delle guardie e la presenza di Ciccio. Quest’ultimo appare solo di notte, sempre scortato da uomini armati.
Marco pianifica l’incursione con precisione. Sa che dovrà muoversi velocemente e in silenzio. Durante il giorno, piazza delle telecamere nascoste intorno al magazzino per monitorare i movimenti del personale. Di notte, studia ogni via di accesso e fuga.
Con l’aiuto di Andrea, ottiene armi silenziate, esplosivi e strumenti per sabotare i sistemi di sicurezza. La tensione cresce mentre Marco si prepara per il suo attacco.
È mezzanotte quando Marco si avvicina al magazzino. Il cielo è coperto di nuvole, oscurando la luna e rendendo la notte ancora più buia. Indossa abiti neri e una maschera che gli copre il viso. Con una torcia infrarossa, localizza le telecamere di sorveglianza e le disattiva una per una.
L’ingresso principale è sorvegliato da due uomini. Marco si avvicina da dietro, colpendoli in rapida successione con il coltello. Le loro cadute sono silenziose, e Marco trascina i corpi nell’ombra.
Dentro, il magazzino è pieno di casse di droga e armi. Il rumore delle conversazioni degli uomini di Rinaldi riecheggia tra le pareti. Marco si muove tra le ombre, posizionando esplosivi lungo le colonne portanti della struttura.
Finalmente, Marco raggiunge l’ufficio di Rinaldi, situato in un soppalco che domina il magazzino. Ciccio è lì, intento a esaminare documenti e fare telefonate. Marco si avvicina silenziosamente, la pistola puntata.
“Francesco Rinaldi,” dice, interrompendo il silenzio.
Rinaldi si gira di scatto, afferrando una pistola dal tavolo. Ma Marco è più veloce. Spara, colpendo la pistola di Rinaldi e facendola volare via. Ciccio, però, non si arrende. Si lancia contro Marco, e i due iniziano una lotta corpo a corpo brutale.
Rinaldi usa la sua forza fisica per cercare di sopraffare Marco, ma quest’ultimo è più agile. La lotta si sposta tra le casse del magazzino, con entrambi gli uomini che si colpiscono senza pietà. Rinaldi riesce a spingere Marco a terra e afferra un coltello, cercando di colpirlo. Marco, con uno sforzo disperato, afferra un pezzo di metallo e lo usa per deviare l’attacco.
Finalmente, Marco trova un’apertura. Con un movimento rapido, disarma Rinaldi e lo spinge contro una cassa. La pistola di Marco è ora puntata al petto di Rinaldi.
“Parla!” urla Marco. “Dimmi tutto quello che sai su Alberto De Luca!”
Rinaldi, ferito e ansimante, ride amaramente. “Pensi che uccidermi ti darà pace? De Luca ti sta aspettando. Ti distruggerà.”
Marco lo colpisce con il calcio della pistola. “Dov’è? Dove si nasconde?”
Alla fine, Rinaldi cede. Confessa che Alberto De Luca si sta preparando a lasciare la città, dirigendosi verso una villa isolata sulle colline. Marco ottiene i dettagli di sicurezza del luogo, ma Rinaldi continua a provocarlo.
“Anche se riesci a raggiungerlo,” dice, sputando sangue, “non cambierà niente. La tua famiglia è morta. E tu sei già un uomo finito.”
Marco lo guarda per un lungo momento, la pistola puntata. Poi, senza una parola, preme il grilletto. Il corpo di Rinaldi crolla a terra. Marco si allontana, il cuore pesante ma deciso.
Prima di andarsene, Marco attiva gli esplosivi piazzati lungo il magazzino. Una serie di esplosioni scuote la notte, distruggendo l’intera struttura e il suo contenuto. Le fiamme illuminano il cielo, mentre Marco scompare nell’oscurità.
Marco torna al rifugio, con le informazioni ottenute da Rinaldi. Sa che il tempo stringe e che Alberto De Luca sta per fuggire. Ma ora ha un obiettivo chiaro: raggiungere la villa e porre fine al regno di terrore dei De Luca una volta per tutte.
Capitolo 8: Giovanni Caruso – L’Arsenale
Giovanni Caruso è il responsabile del traffico di armi per la famiglia De Luca. È un uomo duro, abituato alla violenza, che gestisce un magazzino pieno di armi illegali alla periferia della città. Marco sa che distruggere questa base logistica colpirà duramente le capacità operative del clan.
Attraverso le informazioni ottenute da Sandro Esposito e Rinaldi, Marco scopre che Caruso coordina il traffico di armi da un deposito situato in una zona industriale abbandonata. Con l’aiuto di Andrea, raccoglie esplosivi e munizioni per l’assalto.
“Questa non sarà solo un’eliminazione,” spiega Marco ad Andrea. “Voglio che sentano il colpo. Voglio che il loro arsenale vada in fumo.”
La notte è silenziosa mentre Marco si avvicina al deposito. Attraverso una vecchia recinzione, entra nella struttura e si muove tra le casse di armi. Il magazzino è sorvegliato da una decina di uomini, ma Marco utilizza la furtività per eliminarli uno a uno.
Infine, raggiunge Caruso, che sta discutendo con alcuni dei suoi uomini. Marco li attira con una serie di esplosioni controllate, isolando Caruso dagli altri. Il confronto finale avviene nel cuore del deposito, tra casse di esplosivi e munizioni.
Caruso si dimostra un avversario tenace. La lotta culmina in uno scontro fisico, con Marco che utilizza un coltello per sopraffare Caruso. Prima di eliminarlo, Caruso tenta di negoziare.
“Sei pazzo!” urla Caruso. “Distruggere questo magazzino non ti porterà nulla. Altri prenderanno il mio posto.”
“E allora distruggerò anche loro,” risponde Marco, prima di premere il grilletto.
Con Caruso morto, Marco piazza esplosivi lungo l’intero magazzino. Quando lascia l’area, il deposito esplode in una serie di deflagrazioni che illuminano la notte. Le armi dei De Luca sono distrutte.
Capitolo 9: Claudio Mazzoni – Il Politico Corrotto
Claudio Mazzoni è un consigliere comunale che protegge gli interessi della famiglia De Luca attraverso il suo potere politico. Marco vede in lui il simbolo della corruzione sistematica che ha permesso al clan di prosperare.
Prima di eliminare Mazzoni, Marco decide di distruggerne la reputazione. Attraverso documenti recuperati da Sandro Esposito e Caruso, ottiene prove dei suoi legami con i De Luca: transazioni bancarie sospette, favori politici e persino ordini diretti di sabotare indagini della polizia.
Marco invia queste prove a un giornalista indipendente, assicurandosi che vengano rese pubbliche. Il giorno seguente, Mazzoni è travolto dallo scandalo. In preda alla disperazione, tenta di fuggire dalla città.
Marco lo intercetta in una stazione ferroviaria. Il consigliere, visibilmente agitato, cerca di confondersi tra i pendolari. Marco lo segue silenziosamente, aspettando il momento giusto.
Infine, in un’area isolata, lo affronta. “Hai protetto quegli assassini,” dice Marco, puntandogli la pistola. “Quante altre famiglie hai distrutto con le tue decisioni?”
Mazzoni crolla in ginocchio, implorando pietà. Ma Marco non si lascia commuovere. “Non c’è spazio per i corrotti,” dice, prima di sparargli. Il corpo di Mazzoni viene lasciato sul posto, con un biglietto: “Giustizia per Elena, Luca e Chiara.”
Capitolo 10: Carlo Spinelli – La Mano Assassina
Carlo Spinelli è il killer che ha materialmente eseguito l’omicidio della famiglia di Marco. È l’ultimo anello prima di Alberto De Luca.
Spinelli si nasconde in una villa isolata, sorvegliata da alcuni dei migliori uomini dei De Luca. Marco sa che affrontarlo sarà pericoloso, ma la sete di vendetta lo spinge avanti.
Attraverso Andrea, ottiene informazioni sui movimenti di Spinelli. Scopre che il killer è paranoico e raramente esce dal suo nascondiglio. Marco decide di attirarlo fuori.
Marco piazza delle trappole lungo la strada che porta alla villa, forzando una pattuglia delle guardie di Spinelli a chiedere rinforzi. Quando Spinelli si presenta per controllare personalmente, Marco lo attacca.
La battaglia è feroce, con Spinelli che dimostra la sua esperienza e brutalità. Ma Marco, spinto dalla rabbia e dal dolore, lo sopraffà.
Con Spinelli a terra, ferito ma ancora vivo, Marco lo guarda negli occhi. “Ricordi Elena? Ricordi i miei figli? Erano solo un lavoro per te?”
Spinelli sorride debolmente. “Non ricordo nemmeno i loro volti. Ma ricordo le urla.”
Le parole fanno scattare Marco. Lo colpisce ripetutamente, finché il killer non smette di respirare. Con Spinelli morto, Marco sente un peso sollevarsi dal petto. La vendetta è quasi completa.
Marco si allontana dalla villa, lasciando dietro di sé un altro nemico abbattuto. Ora rimane solo un nome sulla sua lista: Alberto De Luca.
Capitolo 11: Lo Scontro Finale – Alberto De Luca
La villa di Alberto De Luca si erge maestosa sulle colline, un simbolo di potere e arroganza. Marco ha studiato ogni angolo del complesso, ogni turno di guardia e ogni possibile via di fuga. Ora è pronto. La sua missione è giunta al culmine, e non tornerà indietro.
La notte è scura, e un temporale incombe all’orizzonte. Marco si muove come un’ombra, utilizzando il bosco circostante per avvicinarsi alla villa. Le guardie pattugliano i confini, ma Marco, con precisione chirurgica, le elimina una per una. Ogni colpo è silenzioso, ogni movimento calcolato. Il vento e i primi tuoni mascherano i rumori dei suoi passi.
Piazza esplosivi lungo le torri di sorveglianza e ai cancelli principali. “Se tutto va male, questa villa diventerà la loro tomba,” pensa.
Marco entra nella villa attraverso un passaggio laterale, disattivando i sensori di movimento con l’attrezzatura ottenuta da Andrea. All’interno, il lusso è opprimente: marmi scintillanti, lampadari di cristallo e opere d’arte che riflettono l’eccesso e la spietatezza di Alberto De Luca.
L’eco dei passi delle guardie guida Marco attraverso i corridoi. La tensione cresce. Con movimenti rapidi e letali, neutralizza gli uomini che incontrano il suo cammino. Ogni uccisione lo avvicina al suo obiettivo finale.
Marco raggiunge finalmente il cuore della villa: una sala imponente, con un lungo tavolo da pranzo e grandi finestre che si affacciano sulla città sottostante. Alberto De Luca lo aspetta, seduto su una poltrona in pelle con un bicchiere di whisky in mano. Accanto a lui ci sono due delle sue guardie più fidate.
“Mi chiedevo quando saresti arrivato,” dice De Luca con calma glaciale. “Hai fatto un bel lavoro con i miei uomini. Devo ammetterlo.”
Marco non risponde, la pistola puntata direttamente al petto del boss.
“Ma dimmi, pensi davvero che uccidermi ti darà pace? Sei già un uomo morto, Marco. Hai distrutto tutto ciò che eri per inseguire questa… vendetta.”
Le parole di De Luca sembrano colpire Marco, ma solo per un istante. “Non sono morto,” risponde Marco, “ma tu lo sarai presto.”
Le due guardie si lanciano su Marco, e il caos esplode nella sala. Marco affronta i due uomini con la sua pistola e un coltello, la lotta è brutale e frenetica. Spari riecheggiano nella villa mentre i fulmini illuminano la stanza.
Uno degli uomini riesce a colpire Marco di striscio al fianco, ma la sua determinazione non vacilla. Con movimenti rapidi e precisi, elimina entrambe le guardie, lasciando Alberto De Luca solo.
Il boss, vedendo i suoi uomini cadere, afferra una pistola nascosta sotto la scrivania. Ma Marco è più veloce. Spara, colpendo De Luca alla spalla e facendolo cadere a terra.
Alberto De Luca è ferito, ma non sconfitto. Con uno sforzo, si siede contro un muro, il sangue che gli macchia la camicia. Marco lo osserva, la pistola ancora puntata.
“Hai distrutto la mia famiglia,” dice Marco, la voce tremante di rabbia. “Hai preso tutto da me.”
De Luca sorride debolmente. “Ho fatto quello che era necessario. Era solo un altro lavoro. E tu… tu sei diventato come me.”
Marco si avvicina lentamente, il respiro pesante. “Non sono come te,” dice, il dito sul grilletto. “Io non distruggo innocenti.”
De Luca cerca di dire qualcosa, ma Marco lo interrompe premendo il grilletto. Il colpo risuona nella stanza. Alberto De Luca, il simbolo di tutto ciò che Marco ha perso, crolla senza vita.
Con la villa in fiamme grazie agli esplosivi piazzati in precedenza, Marco si fa strada verso l’uscita. Ferito e sfinito, corre attraverso il bosco mentre le esplosioni illuminano il cielo notturno. La pioggia inizia a cadere, lavando via il sangue e la polvere dal suo viso.
Finalmente, Marco raggiunge un punto sicuro e si lascia cadere a terra. Guarda il fuoco che avvolge la villa in lontananza. È finita.
Epilogo: La Solitudine della Giustizia
Sono passati sei mesi dalla caduta della famiglia De Luca. La città è cambiata: il controllo mafioso è svanito, e nuovi investigatori stanno smantellando i resti dell’organizzazione. Ma Marco è scomparso.
In un piccolo villaggio in montagna, Marco vive in una casetta modesta, isolato dal mondo. Ogni giorno è una lotta per trovare pace. Passa le giornate costruendo mobili e osservando il paesaggio. Ma ogni sera, i volti di Elena, Luca e Chiara tornano a tormentarlo.
Un giorno, riceve un pacco. Dentro c’è un giornale: la caduta della famiglia De Luca è ufficiale. Una piccola nota è allegata, firmata da Andrea: “Ce l’hai fatta.”
Marco prende la fotografia della sua famiglia, quella che porta sempre con sé, e la guarda per un lungo momento. “Elena, Luca, Chiara… è finita. Spero che ora possiate riposare in pace.”
Porta la foto a un piccolo altare improvvisato e la depone accanto a un mazzo di fiori. Poi si siede fuori, osservando il tramonto.
La narrazione si chiude con Marco che guarda l’orizzonte, il viso segnato ma calmo. Sa che la giustizia è stata fatta, ma il vuoto dentro di lui rimane.
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