Prologo
La pioggia cadeva incessantemente, tamburellando sui tetti di cemento e sui vicoli bui di una città che sembrava addormentata, inconsapevole del male che si nascondeva dietro l’angolo. Le gocce d’acqua scivolavano lungo i vetri sporchi, mescolandosi alla polvere e al fango, quasi a voler cancellare i segreti che la notte custodiva. Ma alcune cose non potevano essere cancellate, non così facilmente.
Una figura solitaria camminava a passo deciso tra le strade deserte, avvolta in un lungo cappotto scuro che si mimetizzava con l’oscurità. Nessuno lo notava, nessuno si sarebbe mai ricordato di lui. Un fantasma tra i fantasmi della città. Le sue mani, nascoste nelle tasche, stringevano un piccolo oggetto, freddo al tatto. Lo sentiva pulsare sotto le dita, come se possedesse una vita propria, ma l’uomo lo ignorava, concentrato solo sulla sua destinazione.
Le luci al neon di un vecchio locale da poker brillavano in lontananza, un riflesso distorto nel fiume di pioggia che scorreva verso i tombini. Il locale era lì, come sempre, un faro per chi cercava disperazione o una via di fuga. E proprio lì si sarebbe consumato il primo atto di un piano che avrebbe messo in ginocchio l’intera città.
L’uomo raggiunse la porta laterale, spingendola con calma. Nessuno lo avrebbe fermato. Nessuno poteva immaginare ciò che stava per accadere.
Un sibilo appena udibile si propagò nell’aria. Il coltello che teneva ora nella mano destra rifletteva la fioca luce del locale, un bagliore fugace prima che tutto sprofondasse nel caos. La vittima non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo. Un movimento fulmineo, un colpo preciso, e la vita si spense negli occhi dell’uomo a terra.
«È solo l’inizio», sussurrò l’assassino, guardando il corpo senza vita davanti a sé. Poi si allontanò con calma, come se nulla fosse accaduto.
Quella notte, la città era cambiata per sempre. Ma nessuno lo sapeva ancora.
Capitolo 1: Il Risveglio del Terrore
Era una mattina come tante altre a Greylock City. Il commissario della polizia, Samuel Brackett, si alzò presto come al solito, mentre fuori il sole cercava di farsi strada tra le nubi plumbee. Il telefono sulla scrivania squillò con insistenza, e il suo viso si contrasse in una smorfia mentre rispondeva.
«Brackett», grugnì con la voce ancora impastata di sonno.
«Commissario, è successo di nuovo».
Il cuore di Samuel accelerò. “Di nuovo?” Non c’era bisogno di altre spiegazioni. Conosceva fin troppo bene quella frase. Era la terza vittima in meno di un mese.
«Dove?» chiese, già con la mente proiettata sulla scena del crimine.
«Vicino al locale di poker sulla 12ª Strada. Stessa modalità».
Il commissario chiuse gli occhi per un momento, combattendo la frustrazione. Un’altra vittima, un altro cadavere lasciato a marcire sotto la pioggia. Ma cosa voleva quell’assassino? E, soprattutto, perché nessuno riusciva a fermarlo?
Mentre si vestiva velocemente, la sua mente viaggiava tra gli indizi sparsi che sembravano non condurre a nulla. Gli omicidi erano chirurgici, rapidi, senza segni di lotta. E ogni volta, l’assassino lasciava dietro di sé una piccola moneta d’oro, lucida e perfetta, come firma del suo operato.
«Chi diavolo sei?» mormorò tra sé e sé, chiudendo la porta del suo appartamento con un gesto secco.
L’aria fuori era umida e pesante. Greylock City lo accolse con la sua solita indifferenza: il traffico del mattino, i pendolari distratti, le sirene lontane. Nessuno sembrava notare il terrore che serpeggiava tra le sue strade.
Arrivato sulla scena del crimine, Brackett si trovò di fronte al solito spettacolo macabro: un corpo disteso sul marciapiede, coperto da un telo bianco, e attorno a lui i tecnici forensi che già fotografavano ogni angolo, alla ricerca di qualcosa – qualsiasi cosa – che potesse fare luce su quell’orrore.
«Commissario», lo accolse l’ispettore Miller, il suo braccio destro. «Stesso modus operandi. Un taglio netto alla gola. Nessuna traccia di colluttazione».
Brackett annuì, scostando il telo per dare un’occhiata alla vittima. Era un uomo di mezza età, il volto ormai privo di vita, gli occhi ancora aperti come se avessero visto qualcosa di troppo terribile per essere dimenticato.
«Moneta?» chiese Brackett senza staccare lo sguardo dal cadavere.
Miller annuì. «Esatto. L’abbiamo trovata accanto al corpo, come sempre».
Brackett strinse i pugni. Era il terzo, eppure la polizia non aveva ancora nessun sospettato. Nessuna traccia tangibile che potesse portare a una svolta nelle indagini. Solo un susseguirsi di morti e quel misterioso segno distintivo: una moneta d’oro, sempre la stessa.
Ma Brackett sapeva che non poteva finire così. C’era un filo che legava tutte quelle vittime, e lui lo avrebbe trovato. Qualunque cosa significasse quella moneta, avrebbe scoperto la verità. Perché in fondo, dietro ogni omicidio, c’è sempre un motivo. E l’assassino, per quanto astuto, non poteva nascondere per sempre la sua vera natura.
«Questa volta non mi sfuggirai», sussurrò Brackett tra i denti, mentre l’immagine di quella moneta d’oro brillava nella sua mente, come una promessa di vendetta.
Capitolo 2: L’Orologio Segreto
Greylock City non era solo una città. Era una macchina complessa, con ingranaggi invisibili che ruotavano in silenzio, alimentati da segreti antichi e poteri nascosti. Samuel Brackett aveva visto il lato oscuro di quella macchina più volte nella sua carriera, ma c’era qualcosa in questi omicidi che lo faceva dubitare di tutto ciò che aveva imparato.
Seduto alla sua scrivania, il commissario osservava attentamente la moneta d’oro trovata accanto al terzo cadavere. Una moneta apparentemente anonima, senza iscrizioni né simboli particolari. Eppure, Brackett sapeva che ogni dettaglio contava. Con un gesto meccanico, aprì il cassetto della scrivania, estraendo le altre due monete trovate nelle precedenti scene del crimine. Le allineò sul tavolo, scrutandole come se potessero svelare il loro segreto in quel momento.
«È solo una questione di tempo», pensò, mentre passava un dito sul bordo di una delle monete. Un lampo di intuizione attraversò la sua mente. Si alzò di scatto e prese la lente di ingrandimento dal cassetto. Un’esaminazione più attenta rivelò qualcosa di sorprendente: lungo il bordo di ciascuna moneta, quasi invisibili, c’erano piccole incisioni. Numeri.
Era un codice? Un riferimento a qualcosa di più grande?
Brackett chiamò immediatamente Miller. «Vieni nel mio ufficio, subito».
Pochi minuti dopo, l’ispettore entrò, con il viso cupo. «Novità?»
Brackett indicò le monete. «Guarda qui. Ci sono dei numeri incisi lungo i bordi. Sono sicuro che queste monete rappresentano qualcosa di più complesso. Forse stiamo guardando un enigma che si svela solo pezzo per pezzo».
Miller annuì, osservando le incisioni. «Sembrano date. Ma non hanno un senso logico. Forse servono a indicare qualcosa che dobbiamo ancora scoprire».
Il commissario si grattò la barba, riflettendo. «Esatto. E c’è un altro elemento che continua a tormentarmi. Perché queste monete? Perché l’assassino lascia un simbolo così specifico?»
Miller rimase in silenzio per un momento, poi propose: «Potremmo chiedere a un esperto di numismatica. Magari qualcuno riesce a dirci di più su queste monete».
Brackett annuì. «Ottima idea. Organizzalo subito».
Capitolo 3: Il Passato Ritorna
La numismatica Jane Porter era una donna sui sessant’anni, con i capelli grigi raccolti in una crocchia ordinata e un paio di occhiali spessi che sembravano renderla ancora più autorevole. Il commissario Brackett e Miller si trovarono nel suo piccolo negozio nel cuore di Greylock City, circondati da scaffali colmi di monete antiche provenienti da ogni parte del mondo.
Jane prese le tre monete d’oro con mani esperte, le osservò attentamente sotto la luce e, dopo qualche minuto, sollevò lo sguardo verso Brackett.
«Queste monete non sono comuni. Il loro design è deliberatamente semplice, ma le incisioni lungo i bordi sono ciò che le rende speciali. Non sono numeri casuali. Sono coordinate.»
Brackett sgranò gli occhi. «Coordinate?»
Jane annuì. «Esatto. Ogni incisione rappresenta una posizione geografica precisa. Non è difficile capirlo, ma richiede una conoscenza molto specifica. L’assassino vuole che voi troviate questi luoghi. Ma vi avverto: chi ha creato queste monete sa esattamente cosa sta facendo. Non sono comuni segni di un serial killer».
«Ma chi potrebbe creare qualcosa di così complesso?» chiese Miller, visibilmente agitato.
Jane sospirò. «C’è un’organizzazione. Un gruppo segreto che opera da decenni, forse da secoli. Le monete sono un loro marchio, una firma. Si fanno chiamare “L’Orologio”. Nessuno sa chi siano davvero, ma si dice che controllino parte delle istituzioni della città».
Brackett fece un passo indietro. «L’Orologio?»
Jane annuì gravemente. «Un gruppo che muove le fila dietro le quinte, invisibile ma onnipresente. Se queste monete sono il loro segno, siete in pericolo».
Capitolo 4: La Caccia Inizia
Le coordinate incise sulle monete condussero Brackett e la sua squadra in una fitta rete di luoghi abbandonati e segreti dimenticati. Dopo giorni di ricerche incessanti, una delle prime tappe fu un vecchio magazzino nel quartiere industriale di Greylock City. L’edificio, situato all’angolo tra due strade in rovina, sembrava insignificante all’esterno: finestre infrante, mura coperte di graffiti e una vegetazione incolta che si arrampicava lungo le pareti. Ma Brackett sapeva che l’apparenza ingannava.
Sotto la pioggia battente, il commissario e la sua squadra entrarono nel magazzino. L’aria all’interno era densa di muffa e polvere. Le torce delle guardie illuminavano un vasto spazio vuoto, ma ogni angolo era buio, carico di una tensione palpabile. Miller, al fianco di Brackett, avanzò con cautela, il suo sguardo sempre vigile.
«Secondo le coordinate, c’è qualcosa qui», disse Brackett, osservando attentamente le planimetrie che avevano recuperato.
Dopo un’ora di ricerche infruttuose, un rumore sordo attrasse la loro attenzione. Una delle assi del pavimento, sotto il peso di un tecnico forense, si era inclinata, rivelando una botola nascosta. Brackett si avvicinò, scrutando attentamente la struttura. «Sembra recente», mormorò, il suo tono carico di sospetto.
Con cautela, aprirono la botola e trovarono una scala che conduceva in un sotterraneo. Il cuore di Brackett accelerò mentre si facevano strada nel seminterrato. L’odore di muffa era ancora più pungente, ma c’era qualcos’altro: un vago sentore di bruciato. Il sotterraneo era un labirinto di vecchie stanze, molte delle quali coperte di polvere, come se nessuno vi fosse entrato da anni. Ma una stanza, situata in fondo a un corridoio stretto, era chiaramente stata usata di recente.
Dentro, trovarono documenti sparsi su un tavolo, mappe della città e foto di persone, alcune delle quali riconoscibili come le vittime degli omicidi. Un computer portatile giaceva sul tavolo, lo schermo spento, ma il simbolo dell’Orologio – una clessidra stilizzata – era inciso sul coperchio. L’atmosfera era tesa.
Al centro della stanza, una grande mappa di Greylock City era appesa al muro, con diversi luoghi segnati in rosso. Tra questi, spiccava un cerchio attorno alla vecchia cattedrale di St. Michael, un edificio ormai in rovina situato nella parte settentrionale della città. Accanto alla mappa, c’era una fotografia. Ritraeva un uomo vestito di nero, il volto parzialmente coperto da un cappello, che camminava in una piazza affollata. Era sfocata, ma qualcosa nel suo portamento fece gelare il sangue a Brackett.
«È lui», sussurrò Miller. «È l’assassino».
«Sì», rispose Brackett, con la voce tesa. «E ci sta lasciando una traccia. Ma perché?»
Il commissario era convinto che tutto questo facesse parte di un gioco molto più grande, un gioco di cui ignorava ancora le regole. Ogni passo che facevano, ogni indizio trovato, sembrava orchestrato. Come se qualcuno volesse che loro seguissero quel filo, conducendoli verso un inevitabile confronto.
Brackett prese una delle mappe e la piegò con cura. «Andiamo. Il prossimo passo è la cattedrale. Qui accadrà qualcosa di grosso».
Capitolo 5: Tradimenti e Alleati
Tornati al quartier generale, Brackett non riusciva a liberarsi dalla sensazione che qualcuno stesse giocando con loro. Ogni mossa dell’assassino sembrava perfettamente calcolata, e iniziava a sospettare che avessero una talpa all’interno del dipartimento. Per giorni, ogni passo che facevano sembrava anticipato: ogni indizio condotto, ogni luogo esplorato, era già stato previsto.
Seduto nel suo ufficio, con lo sguardo fisso sulla mappa della città, Brackett rifletteva su chi potesse tradirli. Non poteva escludere nessuno, nemmeno i suoi uomini più fidati. Era una lotta contro il tempo, e ogni secondo poteva essere decisivo.
Fu in quel momento che ricevette una chiamata anonima. La voce dall’altro capo del telefono era distorta, ma l’informazione che fornì fu chiara: c’era qualcuno nella sua squadra che lavorava per “L’Orologio”.
«Stanno usando le vostre mosse contro di voi», disse la voce. «Non fidarti di nessuno. Se vuoi arrivare alla fine di questo, devi fare una mossa che loro non si aspettano».
Brackett riagganciò, il viso teso. La talpa era una minaccia reale, e aveva bisogno di capire chi fosse prima che fosse troppo tardi.
Quella notte, decise di mettere alla prova la sua squadra. Convocò un incontro urgente, rivelando che avrebbero effettuato un’irruzione a sorpresa in un altro luogo segnato sulla mappa trovata nel magazzino. Lo fece intenzionalmente per vedere chi avrebbe agito diversamente. Mentre i suoi uomini si preparavano, Brackett osservava attentamente ogni mossa, ogni sguardo.
Miller, come sempre, sembrava irreprensibile, ma c’era qualcosa nell’atteggiamento di uno degli ufficiali, Raymond Foster, che lo mise in allarme. Foster era nervoso, sudato, e si muoveva con una strana esitazione. Brackett capì di aver trovato il suo traditore.
Poco prima dell’irruzione, Brackett prese Foster da parte. «Hai qualcosa da dirmi, Foster?», chiese con un tono freddo.
L’uomo balbettò, cercando di negare, ma il commissario lo incalzò. «So che stai passando informazioni all’Orologio. Se parli ora, posso cercare di proteggerti. Se continui a mentire, ti consegnerò io stesso a loro».
Foster crollò. «Non avevo scelta», confessò. «Loro… Loro controllano tutto. Mi hanno minacciato. Hanno detto che se non avessi collaborato, avrebbero fatto del male alla mia famiglia».
Brackett lo fissò con uno sguardo glaciale. «Sei stato un pedone in questo gioco, ma ora sarai la mia mossa vincente».
Capitolo 6: L’Ultima Mossa
Grazie alle informazioni ottenute da Foster, Brackett capì che la cattedrale di St. Michael non era solo un punto chiave. Era il luogo dell’atto finale. Lì, “L’Orologio” si sarebbe riunito per compiere il loro rituale finale, una cerimonia che avrebbe segnato un nuovo inizio per Greylock City. La loro intenzione non era solo uccidere, ma ristrutturare il potere nella città, creando un vuoto di potere che avrebbero riempito.
Con una squadra ridotta all’osso – composta solo dai pochi uomini di cui ancora si fidava – Brackett organizzò l’irruzione. Sapeva che sarebbe stato pericoloso. Sapeva che non tutti sarebbero tornati.
La cattedrale, un colosso di pietra ormai ridotto a rovine, torreggiava contro il cielo grigio. Quando entrarono, il silenzio fu spezzato solo dai loro passi sulle piastrelle rotte. Tuttavia, la cattedrale non era vuota. Lì, al centro del vasto spazio aperto, un gruppo di uomini vestiti di nero attendeva. E al centro, l’assassino: l’uomo del cappello.
Brackett si avvicinò con cautela, il fucile puntato. «È finita», disse, la sua voce riecheggiante.
L’assassino si voltò lentamente, un sorriso inquietante dipinto sul viso. «No, commissario. È appena iniziata».
Seguì un’esplosione di violenza. Colpi di arma da fuoco rimbalzarono tra le colonne della cattedrale. I membri dell’Orologio combatterono con una furia inaspettata, ma la squadra di Brackett era addestrata per questo. Nonostante le perdite, riuscirono ad avere la meglio. Alla fine, l’assassino fu messo alle strette, ma non prima di rivelare l’ultimo pezzo del puzzle.
«Non mi ucciderai, Brackett», disse, il sorriso ancora intatto. «Anche se mi elimini, noi siamo ovunque. L’Orologio è solo uno dei tanti capitoli di una storia più grande. Non hai idea di cosa ti aspetta».
Brackett, con la pistola puntata alla testa dell’uomo, sentì il peso di quelle parole. L’assassino aveva ragione. Questo era solo un frammento di un potere molto più grande e antico, uno che continuava a tessere la sua rete dietro le quinte. Ma quella notte, almeno per un momento, l’avevano fermato.
Con un colpo preciso, l’assassino cadde a terra. Silenzio.
La cattedrale, un tempo luogo di culto, era ora un campo di battaglia. Ma Brackett sapeva che, nonostante la vittoria, il vero nemico era ancora là fuori, osservando e aspettando il momento giusto per colpire di nuovo.
Epilogo: Ombre Persistenti
Greylock City era salva, almeno per il momento. Gli omicidi si erano fermati, e l’Orologio sembrava scomparso nelle ombre da cui era venuto. Ma Brackett sapeva che non era finita. Le monete d’oro, i segreti, e i tradimenti avevano solo scalfito la superficie di una verità più grande.
Seduto nel suo ufficio, con una delle monete ancora in mano, il commissario rifletteva su ciò che aveva imparato. “L’Orologio” non era stato sconfitto. Era solo in attesa. E lui sarebbe stato pronto, perché le ombre non potevano vincere contro chi conosceva la loro natura.
Scopri di più da freebook4all
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.