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Prologo
Il vento soffiava freddo quella notte, incanalandosi attraverso le arcate del viadotto come un urlo lontano. La luna, velata dalle nuvole, gettava una luce fioca sulla strada deserta. Le uniche tracce di vita erano le foglie morte che danzavano nell’aria gelida e il rumore di passi affrettati. Un uomo camminava da solo, il volto nascosto da un cappuccio che lo proteggeva dall’umidità e, forse, da sguardi indesiderati.
Ogni passo era un martellare costante sull’asfalto, mentre si avvicinava sempre di più alla meta. Il viadotto si stagliava contro il cielo come una grande ombra. Era qui che tutto doveva finire. L’uomo si fermò sotto l’arco centrale, controllando l’orologio al polso. Le lancette segnavano le 22:13. Si chinò per sistemare qualcosa a terra, poi si alzò di scatto, il respiro affannoso nel silenzio notturno. Qualcosa lo aveva colpito. Un rumore? Un’ombra? Era troppo tardi per scappare.
Ore dopo, le sirene della polizia infransero la quiete della notte. Sotto il viadotto, illuminato dalle luci intermittenti dei lampeggianti, giaceva il corpo senza vita di un uomo. Il suo orologio si era fermato esattamente alle 22:13
Prologo
Il vento soffiava con furia tra le arcate del vecchio viadotto, sollevando foglie secche e polvere che danzavano al ritmo dei suoi vortici. L’uomo avanzava a passi svelti lungo la strada deserta, le mani infilate nelle tasche del cappotto, lo sguardo inquieto che si spostava furtivamente da una parte all’altra. Il silenzio della notte era rotto solo dal rumore dei suoi passi frettolosi e dal respiro affannoso che gli usciva dalle labbra. Aveva l’aria di qualcuno in fuga.
Il viadotto, una struttura antica e imponente, si ergeva maestoso sopra di lui, le sue arcate scure sembravano bocche spalancate pronte a inghiottirlo. L’uomo si fermò sotto una delle arcate e si guardò intorno, come se aspettasse un segnale. Poi, con mani tremanti, estrasse qualcosa dalla tasca e lo guardò per un attimo, prima di lasciarlo cadere a terra. In quello stesso istante, una figura indistinta emerse dalle ombre. L’uomo si voltò bruscamente, ma era troppo tardi. Un colpo sordo risuonò nel silenzio della notte.
Ore dopo, il corpo dell’uomo fu ritrovato. Per le autorità locali, era solo un altro suicidio. Nessuno volle scavare più a fondo. Nessuno tranne Riccardo Ferri.
Capitolo 1: Il Cadavere sotto il Ponte
La pioggia sottile cadeva come un velo grigio sulla città, creando pozzanghere che riflettevano la luce fioca dei lampioni. Sotto il viadotto, un gruppo di agenti di polizia si muoveva freneticamente, cercando di mantenere l’area isolata dai curiosi. Il corpo giaceva disteso nel fango, immobile, con il volto rivolto verso l’alto. Non c’era sangue, né segni evidenti di violenza, solo una triste figura inerte, un enigma che aspettava di essere risolto.
Riccardo Ferri osservava la scena dall’esterno, al di là del nastro giallo che delimitava l’area. Era stato chiamato lì da un vecchio collega, qualcuno che ancora credeva nella sua capacità di vedere oltre le apparenze.
“Suicidio,” disse l’ispettore capo Baldini, avvicinandosi a Riccardo con un’espressione stanca. “Un altro disperato che non ha retto la pressione. Caso chiuso.”
Riccardo alzò lo sguardo verso il viadotto. Era alto, ma non abbastanza da garantire la morte immediata a chi saltava. E poi c’era quel dettaglio. Si chinò e osservò meglio ciò che aveva catturato la sua attenzione: una collana spezzata, semi-nascosta nell’erba vicino al cadavere. Non sembrava appartenere alla vittima.
“Non è così semplice,” mormorò Ferri, senza sollevare lo sguardo. “C’è qualcosa di strano.”
Baldini sospirò. “Guarda, so che hai lasciato la polizia per una ragione, Ferri. Forse è meglio che lasciamo perdere questo caso. È solo uno dei tanti.”
Riccardo si limitò ad annuire, ma nella sua mente il puzzle iniziava già a formarsi. Il suicidio era una spiegazione troppo comoda. I dettagli lo ossessionavano: la collana, l’orologio della vittima fermo esattamente alle 22:13, e quei segni sul terreno, come se fosse stato trascinato. No, questo non era un suicidio. E Riccardo sapeva che non avrebbe lasciato perdere così facilmente.
Capitolo 2: L’Investigatore Solitario
Riccardo sedeva nel suo ufficio, una stanza angusta e poco illuminata in un vecchio edificio del centro. La luce fioca di una lampada illuminava la scrivania, piena di carte, documenti e una tazza di caffè freddo. Un odore stantio permeava l’aria, un misto di tabacco e muffa che sembrava essere diventato parte dell’arredamento.
L’ufficio di Riccardo rifletteva perfettamente la sua vita: disordinata, logora, eppure ancora funzionale. Era un ex poliziotto, uno di quelli bravi, ma una serie di eventi lo avevano portato a lasciare la forza pubblica per lavorare come investigatore privato. Non aveva mai davvero lasciato il mondo delle indagini, solo il badge.
Sul tavolo c’era il rapporto della polizia sul caso del viadotto. Lo aveva letto e riletto più volte, cercando di trovare una falla, qualcosa che confermasse i suoi sospetti. Ma non c’era nulla di evidente, solo una serie di dettagli che, presi singolarmente, non significavano nulla. Eppure, messi insieme, raccontavano una storia diversa.
Accese una sigaretta e lasciò che il fumo si disperdesse nella stanza. L’orologio fermo, la collana spezzata, i segni sul terreno. Tutti indizi che nessuno aveva notato o considerato importanti. Ma Riccardo sapeva che il diavolo si nasconde nei dettagli.
Aveva bisogno di risposte, e sapeva da dove iniziare. Eleonora. Era una donna del suo passato, una storia finita male, ma lei conosceva la vittima. Sapeva cose che potevano essere utili, e se c’era una persona che poteva aiutarlo a capire, era lei.
Prese il telefono e fece un numero che non aveva mai dimenticato, anche se erano passati anni dall’ultima volta che l’aveva chiamata.
Capitolo 3: Il Passato che Torna
Eleonora aprì la porta con un’espressione sorpresa, ma non del tutto. Riccardo aveva la sensazione che si fosse aspettata quella visita, prima o poi. I suoi occhi, ancora vivaci, lo scrutavano con una curiosità mista a cautela.
“Riccardo Ferri,” disse con un leggero sorriso sulle labbra, “non pensavo di vederti ancora.”
Riccardo le restituì un sorriso stanco. “Neanch’io. Ma abbiamo un vecchio amico in comune, a quanto pare.”
Eleonora lo fece entrare nel suo appartamento, piccolo e ordinato, lontano anni luce dai luoghi frequentati da Riccardo. La donna non aveva perso il suo fascino, ma c’era qualcosa di diverso in lei, qualcosa di più oscuro. Un peso invisibile che portava sulle spalle.
“Ho sentito del suicidio,” disse Eleonora mentre si sedeva di fronte a lui, accendendosi una sigaretta. “Ma immagino che tu non sia qui solo per dirmi quello che già so.”
“È tutto troppo pulito,” rispose Riccardo. “Un uomo non si uccide senza lasciare un segno, senza una traccia di disperazione. Ma lui non era disperato. Qualcosa non torna, e tu sai cosa.”
Eleonora lo fissò per un lungo momento in silenzio, poi sospirò profondamente. “Non posso aiutarti, Riccardo. Ci sono cose che non puoi capire. E fidati di me, non vuoi capire.”
Ma Riccardo non era il tipo da lasciar perdere. Il suo istinto gli diceva che Eleonora sapeva più di quanto volesse ammettere, e che la sua connessione con la vittima era molto più profonda di quanto volesse far credere.
Capitolo 4: Sospetti e Indizi
L’indagine stava diventando sempre più intricata. Riccardo passava ore a studiare vecchi casi, cercando collegamenti con la vittima. Scoprì che Marco Balestra aveva avuto legami con persone pericolose, tra cui un noto imprenditore locale, Andrea Longhi. Longhi aveva una reputazione poco chiara, con voci di corruzione e traffici illeciti che circolavano da anni, ma niente era mai stato provato.
Ogni indizio sembrava condurre Riccardo verso una ragnatela di segreti nascosti dietro facciate rispettabili. La collana spezzata apparteneva a una donna che, stando a vecchi rapporti, era scomparsa misteriosamente anni prima. E poi c’era Luca, il suo vecchio amico, che ora lavorava per una delle aziende di sicurezza di Longhi. Troppe coincidenze.
Una sera, Riccardo ricevette una chiamata anonima. La voce dall’altro capo era rauca, probabilmente alterata da un distorsore. “Lascia perdere, Ferri. Non è un gioco che puoi vincere.”
Ma Riccardo non era tipo da lasciarsi intimidire. Decise di continuare, anche se questo significava scavare ancora più a fondo.
Capitolo 5: L’Ombra dell’Amico
Il caffè era quasi vuoto quando Riccardo e Luca si incontrarono. I loro sguardi si incrociarono brevemente, ma nessuno dei due disse nulla per i primi minuti. Luca era cambiato. Aveva l’aria stanca, come se portasse un peso che non riusciva a scrollarsi di dosso.
“Allora?” disse Riccardo, rompendo il silenzio. “Cosa sai di Marco?”
Luca prese un sorso del suo caffè, evitando lo sguardo di Riccardo. “Non molto. Ho sentito dire che si è suicidato. Era messo male, lo sapevamo tutti.”
“Non prendermi in giro, Luca,” ribatté Riccardo, stringendo i pugni sotto il tavolo. “So che lavoravi per Longhi. E so che Marco aveva problemi con lui.”
Luca posò lentamente la tazza, cercando di mantenere la calma. “Stai toccando un argomento pericoloso, Riccardo. Non sai in cosa ti stai cacciando.”
“Lo so meglio di te,” disse Riccardo con voce fredda. “Ho bisogno di sapere la verità. Non posso lasciar perdere.”
Luca sospirò, poi scosse la testa. “Ci sono cose che non dovresti sapere, amico mio. Per il tuo bene.”
Ma Riccardo non era disposto a rinunciare. Anche se questo significava mettere in pericolo la loro amicizia.
Capitolo 6: La Verità nelle Ceneri
La notte era fredda e silenziosa quando Riccardo si fermò davanti ai resti carbonizzati della casa. Quella casa aveva conosciuto giorni migliori, un tempo apparteneva alla famiglia di Marco Balestra, ma un incendio misterioso l’aveva ridotta in macerie anni prima. Da quel momento, nessuno aveva più messo piede lì dentro. Le autorità avevano archiviato l’incendio come un incidente, ma Riccardo aveva il sospetto che ci fosse altro. Qualcosa che era stato nascosto tra le ceneri.
Il fumo della sua sigaretta si disperse nell’aria umida mentre camminava tra le macerie, cercando di orientarsi. Aveva seguito il suo istinto fino a lì, spinto dall’idea che quella casa nascondesse un segreto. Un segreto che avrebbe potuto dare un senso a tutto ciò che era accaduto finora.
Mentre frugava tra i resti anneriti, i suoi occhi caddero su una vecchia cassaforte parzialmente scoperta, coperta da macerie. Era sfondata, come se qualcuno l’avesse aperta con la forza. L’adrenalina iniziò a salire. Qualcuno era già stato lì, ma forse non aveva trovato tutto. Riccardo si inginocchiò davanti alla cassaforte e iniziò a rovistare tra i detriti, fino a che le sue dita toccarono qualcosa. Un foglio di carta mezzo bruciato, appena leggibile.
Il cuore di Riccardo accelerò mentre cercava di decifrare le parole. Era un documento di transazioni bancarie. Importi enormi, provenienti da conti offshore. La firma in fondo al documento era chiara: Marco Balestra. C’era anche un altro nome, un nome che fece gelare il sangue nelle vene di Riccardo: Andrea Longhi, uno degli uomini più potenti e temuti della città. Un imprenditore apparentemente rispettabile, ma che, a quanto pareva, era coinvolto in affari loschi, talmente loschi che avevano spinto Balestra a cercare di uscire dal giro.
Balestra aveva scoperto qualcosa di troppo grande, e Longhi non poteva permettergli di parlare. Aveva deciso di eliminarlo, bruciando la casa per coprire le tracce. Ma Riccardo si chiese: se il documento era lì, perché non lo avevano trovato? Forse Longhi non era il solo coinvolto, e qualcuno lo aveva tradito. Forse le acque erano più profonde di quanto immaginasse.
Riccardo infilò il documento nel cappotto. Doveva fare attenzione. Chiunque fosse coinvolto in quella faccenda non avrebbe esitato a fermarlo, proprio come avevano fatto con Marco. Ma adesso aveva una prova. Una prova che poteva collegare Longhi all’omicidio. Doveva solo trovare il modo di usarla senza mettere a rischio la propria vita.
Il cellulare vibrò. Un messaggio anonimo: “Lascialo stare, Riccardo. Non è il tuo caso.”
Riccardo si sentì avvolto da un’ombra invisibile. Era in trappola, ma non avrebbe mollato. Non adesso che aveva trovato un filo che poteva portarlo alla verità. Con un respiro profondo, uscì dalla casa distrutta. La verità era lì, tra le ceneri, e avrebbe fatto di tutto per tirarla fuori alla luce.
Capitolo 7: Un Testimone Scomodo
Il vecchio mendicante era rannicchiato sotto una coperta logora, il suo corpo piegato dal freddo e dall’età. Viveva nei pressi del viadotto da anni, come un’ombra invisibile che nessuno notava. Ma Riccardo lo aveva trovato. Era l’unico testimone che aveva visto qualcosa quella notte, quando Marco Balestra era stato ucciso. Nessun altro aveva notato la sua presenza, ma Riccardo sapeva che quell’uomo sapeva più di quanto lasciasse intendere.
Riccardo si chinò accanto a lui, il viso teso per il freddo. “Devi aiutarmi,” disse in tono basso, cercando di non spaventarlo. “Hai visto qualcosa, non è vero? Quella notte, sotto il viadotto.”
Il vecchio lo guardò, i suoi occhi opachi pieni di paura e disperazione. “Non posso… Non posso parlare di quello che ho visto,” mormorò con voce tremante. “Mi troveranno. Mi faranno fare la stessa fine di quel pover’uomo.”
“Non permetterò che accada,” rispose Riccardo, la voce rassicurante, anche se dentro di sé non era sicuro di poter mantenere quella promessa. “Ma ho bisogno di sapere cosa hai visto. Mi puoi fidare di me.”
Il vecchio si guardò intorno nervosamente, come se temesse che qualcuno lo stesse spiando anche in quel momento. Poi abbassò la voce e sussurrò: “Ho visto una macchina. Nera, lucida. Ho sentito delle voci, degli uomini discutere. Poi… poi uno di loro ha spinto l’altro. È caduto giù, come un sacco vuoto.”
Riccardo trattenne il respiro. Quello era il pezzo mancante. Non era stato un suicidio. Marco era stato spinto, ucciso in fretta e furia. Ma c’era di più. Chi erano quegli uomini? Erano sicari o persone di potere? La macchina nera doveva appartenere a qualcuno di influente. Qualcuno che non voleva che la verità venisse fuori.
“Ricordi altro? Qualsiasi dettaglio,” insistette Riccardo, avvicinandosi.
Il vecchio tremava, il respiro affannoso. “Non… non posso. Non posso dire altro. Loro mi troveranno. Mi faranno sparire.”
Riccardo provò a calmare l’uomo, ma sapeva che il vecchio era troppo terrorizzato. Chiunque fosse coinvolto in quella faccenda aveva instillato in lui una paura tale da renderlo incapace di collaborare pienamente. Il solo pensiero di parlare metteva la sua vita a rischio.
Riccardo si alzò in piedi, guardando il mendicante che si raggomitolava di nuovo sotto la coperta. Quello che aveva ottenuto era sufficiente per confermare i suoi sospetti: Marco Balestra non si era suicidato, era stato assassinato. Ma chi era l’uomo che lo aveva spinto? E chi era alla guida della macchina nera?
Non c’era molto tempo. Gli uomini che stavano cercando di insabbiare l’omicidio avrebbero agito in fretta per chiudere tutte le porte. Riccardo sapeva che anche lui era nel mirino. Doveva muoversi con cautela e trovare il modo di proteggere il testimone. Il vecchio mendicante era l’unico che poteva confermare ciò che aveva visto, e se lo avessero eliminato, l’unica testimonianza diretta sarebbe scomparsa.
Mentre si allontanava, Riccardo sentì di nuovo il suo cellulare vibrare. Un altro messaggio anonimo: “Non spingerti oltre. Sappiamo chi sei.”
Riccardo chiuse il telefono, stringendo i pugni. Era troppo tardi per tornare indietro. Doveva andare fino in fondo, qualunque cosa accadesse.
Capitolo 8: La Caccia al Colpevole
L’aria era densa di umidità e tensione mentre Riccardo sfrecciava lungo le strade semideserte della città. Le mani serrate sul volante, il cuore che batteva veloce nel petto. Ogni volta che si avvicinava alla verità, qualcosa o qualcuno cercava di fermarlo. Ma non questa volta. Questa volta non avrebbe mollato.
Aveva seguito ogni indizio, ogni pista, ogni traccia. Ogni passo lo aveva portato più vicino al colpevole. Era stato una lunga caccia, fatta di notti insonni, minacce velate e incontri clandestini. Ma adesso era vicino. Più vicino che mai. Sapeva chi aveva ucciso Marco Balestra. E sapeva anche perché.
Il documento che aveva trovato tra le ceneri della casa distrutta gli aveva rivelato la portata della rete di corruzione in cui la vittima era coinvolta. Era una cospirazione che andava oltre un semplice omicidio: implicava figure potenti, nomi insospettabili, persone che non potevano permettersi che la verità venisse a galla. Politici, imprenditori, persino alte cariche della polizia. Marco Balestra era finito in qualcosa di troppo grande per lui, e quando aveva cercato di uscirne, aveva firmato la sua condanna a morte.
Riccardo si era reso conto che ogni passo che faceva lo esponeva sempre di più al pericolo. Ma era disposto a correre il rischio. Era stanco di vedere i colpevoli farla franca, di vedere le vittime dimenticate senza giustizia. Doveva affrontare il colpevole, anche se questo significava rischiare la sua vita.
Fece una brusca svolta, dirigendosi verso il quartiere più esclusivo della città. Aveva scoperto che l’assassino si nascondeva lì, in un lussuoso appartamento all’ultimo piano di un grattacielo. Era una persona insospettabile, una di quelle che sorridevano alle telecamere e stringevano mani in giacca e cravatta, mentre dietro le quinte tirava le fila di un mondo di ombre.
Arrivato all’edificio, Riccardo parcheggiò l’auto e guardò verso l’alto. Le luci all’ultimo piano erano accese. L’assassino non sospettava ancora che la sua ora stesse per arrivare. Mentre si avvicinava all’ingresso, il suo cellulare vibrò. Un messaggio anonimo.
“Non farlo, Ferri. Non sai in cosa ti stai cacciando.”
Riccardo sorrise amaramente. Era un avvertimento che aveva già sentito troppe volte. Ignorò il messaggio, ripose il telefono e si diresse verso l’ascensore. Mentre saliva, il suo cuore accelerava. Sapeva che una volta entrato in quell’appartamento, non ci sarebbe stato modo di tornare indietro. Ma era pronto.
Quando le porte dell’ascensore si aprirono, Riccardo fece un respiro profondo. Prese la pistola che teneva sotto la giacca e si avvicinò alla porta dell’appartamento. Era leggermente socchiusa. Un cattivo presagio.
Entrò silenziosamente. Le luci soffuse illuminavano l’interno lussuoso, ma c’era qualcosa di sbagliato. Un silenzio innaturale avvolgeva l’ambiente. Riccardo avanzò con cautela, tenendo la pistola puntata davanti a sé.
Improvvisamente, sentì un rumore dietro di lui. Si voltò di scatto, ma non fu abbastanza veloce. Una figura emerse dall’ombra, colpendolo alla testa con forza. Riccardo cadde a terra, il mondo che girava attorno a lui.
“Dovevi fermarti, Ferri,” disse una voce familiare.
Riccardo sollevò lo sguardo, il viso contorto dal dolore. Sopra di lui, l’assassino lo fissava con un’espressione di disprezzo. L’uomo che aveva creduto di conoscere, che aveva insospettabilmente orchestrato tutto, era lì, finalmente smascherato.
Capitolo 9: Il Confronto Finale
Il sapore metallico del sangue gli riempiva la bocca mentre Riccardo cercava di alzarsi. La testa pulsava dolorosamente, ma il dolore non riusciva a spegnere la rabbia che sentiva dentro di sé. Non poteva finire così. Non dopo tutto quello che aveva scoperto, dopo tutto quello che aveva passato.
L’assassino lo guardava dall’alto, con la pistola in mano. Era calmo, troppo calmo. Come se avesse già pianificato tutto nei minimi dettagli. “Non dovevi arrivare fin qui, Ferri,” disse con voce gelida. “Non puoi vincere questa partita. C’è troppo in gioco.”
Riccardo si rimise in piedi a fatica, le mani che tremavano. “Tu pensi di essere intoccabile, ma ti sbagli. Ogni filo che hai tirato porta a te. È solo questione di tempo prima che tutto venga fuori.”
L’uomo rise, una risata breve e senza calore. “E chi pensi ti crederà? Un ex poliziotto caduto in disgrazia? Nessuno ti darà ascolto. Hai solo scavato la tua tomba.”
Riccardo strinse i pugni. Le parole dell’assassino colpivano duro, perché in parte sapeva che erano vere. Le forze che si muovevano dietro quel caso erano troppo grandi per lui, ma la sete di giustizia era più forte di ogni paura. “Può darsi,” disse Riccardo, “ma almeno io non ho venduto la mia anima.”
L’assassino scosse la testa, avvicinandosi con la pistola puntata. “Hai perso, Ferri. È finita.”
Ma Riccardo non era pronto a mollare. Mentre l’assassino avanzava, con un rapido movimento, fece scattare il piede contro il tavolo accanto a lui, facendolo rovesciare. L’assassino fu colto di sorpresa e perse l’equilibrio per un attimo, quanto bastava per permettere a Riccardo di balzare in avanti. La lotta che ne seguì fu feroce, caotica. La pistola scivolò dalle mani dell’assassino e cadde lontano, mentre i due uomini si scontravano con una violenza alimentata dalla disperazione.
Riccardo colpì il suo avversario con un pugno secco al viso, facendolo cadere indietro contro il muro. L’assassino ansimava, il sangue che colava dal labbro spaccato. Ma c’era ancora qualcosa nei suoi occhi, una scintilla di superiorità che Riccardo non riusciva a sopportare.
“Non pensi davvero di vincere, vero?” sputò l’uomo, cercando di rialzarsi. “Anche se mi prendi, altri prenderanno il mio posto. Non puoi fermarli tutti.”
Riccardo si avvicinò lentamente, il petto che si alzava e abbassava con il respiro affannoso. “Forse. Ma comincio da te.”
Proprio in quel momento, le sirene della polizia ruppero il silenzio della notte. L’assassino si girò di scatto verso la finestra, capendo che il suo tempo era finito. “Non pensare che finirà qui, Ferri,” disse con un sorriso di sfida. “Io sono solo una pedina. La partita è molto più grande di quanto immagini.”
Le parole rimasero sospese nell’aria mentre gli agenti di polizia facevano irruzione nell’appartamento. Riccardo si lasciò cadere a terra, esausto, guardando l’assassino che veniva ammanettato e portato via.
Il colpevole era stato catturato, ma come aveva detto, il gioco non era ancora finito. La rete di corruzione e tradimenti che aveva scoperto era solo la punta dell’iceberg. Ma per il momento, la giustizia era stata fatta. E per Riccardo, quello era tutto ciò che contava.
Mentre le prime luci dell’alba illuminavano il cielo oltre il viadotto, Riccardo uscì dall’edificio, respirando a fondo l’aria fresca. Aveva vinto, ma sapeva che ogni vittoria aveva il suo prezzo. E in quel caso, il prezzo era stato molto alto.
Capitolo 10: La Rivelazione del Viadotto
Mentre le prime luci dell’alba iniziavano a filtrare attraverso la nebbia, Riccardo rimase immobile sotto il viadotto, osservando le acque del fiume scorrere lente sotto di lui. Aveva vinto, ma la vittoria aveva un sapore amaro. Troppe vite erano state rovinate, troppi segreti erano stati sepolti nel tempo.
Il viadotto era ancora lì, imponente e silenzioso, testimone di tutto ciò che era accaduto. La verità era venuta a galla, ma Riccardo sapeva che non tutte le ferite potevano essere sanate.
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