I Flarck: Le Radici del Veleno

I Flarck: Le Radici del Veleno

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La pioggia batteva incessante sul tetto della grande tenuta dei Flarck. Le colline erano avvolte da una foschia spessa, e il vento faceva piegare gli alberi come se stessero sussurrando segreti dimenticati. All’interno della casa, la luce tremolante delle candele illuminava i volti delle due famiglie rivali: i discendenti della matriarca Anja Flarck, divisi in due fazioni che avevano ormai dimenticato il significato di “famiglia”.

Anja, sul letto di morte, aveva gli occhi socchiusi. La sua voce flebile era ancora capace di imporre silenzio nella stanza. Con un ultimo sguardo, fissò uno per uno i membri della sua stirpe, come se volesse scolpire nei loro cuori le parole che avrebbe detto.

“Ricordate le radici che vi legano, non dimenticate… il sangue è più forte di qualsiasi odio”. Un ultimo respiro, un ultimo battito, e poi silenzio. La sua morte, lontano dal portare pace, divenne la scintilla che avrebbe innescato l’incendio della discordia.

Mentre la pioggia aumentava, fuori dalla finestra una sagoma si stagliava tra le ombre del giardino. Nessuno si rese conto che quel giorno, più di ogni altro, il vero nemico era già in agguato, pronto a sfruttare ogni debolezza dei Flarck.

Capitolo 1: La Lettura del Testamento

La sala principale della tenuta dei Flarck era un vasto spazio carico di storia. Alte finestre lasciavano filtrare la luce grigia di un giorno di pioggia, mentre il rumore delle gocce che scivolavano lungo i vetri contribuiva al senso di oppressione generale. Le pareti, tappezzate di ritratti degli antenati, sembravano osservare l’assemblea con giudizio, quasi fossero a conoscenza dei segreti di ciascuno.

Il notaio Rudolf sedeva dietro un imponente tavolo di quercia, srotolando lentamente il pergamena che conteneva le ultime volontà di Anja Flarck, la matriarca ormai defunta. Ai due lati della sala, le due fazioni della famiglia, separate da antiche ferite, erano come soldati pronti alla battaglia.

Gregor Flarck, il figlio maggiore di Anja, era un uomo di mezza età dal volto tagliato da rughe profonde, il segno delle preoccupazioni che aveva portato avanti per anni. Indossava un abito scuro, impeccabile, e la sua espressione severa non lasciava trasparire alcuna emozione. Seduto al suo fianco, suo figlio Boris aveva lo sguardo penetrante e le mani sempre intrecciate, come se stesse tramando costantemente qualcosa. Di fianco a loro sedeva Hilda, la moglie di Gregor, con un viso dai tratti ancora delicati e calcolatori; dietro l’apparente calma, le sue labbra erano serrate, pronte a spezzare ogni fragile tregua.

Sul lato opposto della sala, Elara, figlia di Yara Flarck, si sentiva come un’estranea. Nonostante fosse una Flarck, il sangue che le scorreva nelle vene non sembrava darle alcun privilegio. Cresciuta lontano dalla tenuta dopo la morte prematura di sua madre, Elara era stata allevata da uomini e donne semplici, lavoratori della tenuta, ma aveva sviluppato un forte senso di giustizia. Al suo fianco c’era Lena, sua zia e sorella minore di Yara, che cercava di darle sostegno, sebbene anche lei si sentisse intimidita dalla presenza imponente di Gregor e Hilda.

Il notaio Rudolf si schiarì la voce, attirando l’attenzione di tutti. “A nome della defunta Anja Flarck, leggerò il suo testamento, il quale contiene disposizioni che riguardano tanto il patrimonio, quanto il futuro della tenuta e della famiglia.” Mentre leggeva, i suoi occhi scrutavano l’assemblea.

Il passaggio dei terreni preziosi in gestione congiunta fu accolto con espressioni di incredulità. Gregor si alzò di scatto, le sue parole uscirono come un ringhio: “Questo è assurdo. Come possiamo gestire qualcosa insieme, quando questa famiglia è ormai divisa da anni?” I suoi occhi si posarono su Elara, che alzò il mento, decisa a non mostrare alcun segno di debolezza.

Elara si alzò in piedi, affrontando Gregor con fermezza. “Non sono stata io a volere questa divisione, zio. Forse è arrivato il momento di mettere da parte l’orgoglio e di ricordare ciò che nostra nonna desiderava davvero.”

Le parole di Elara portarono un silenzio carico di tensione nella stanza. Gregor la fissò per qualche istante, poi si voltò verso Hilda e Boris, cercando un appoggio che, pur essendo garantito dalla loro lealtà, non poteva mascherare la frustrazione. Nessuno osò parlare, mentre il notaio proseguiva nella lettura delle altre disposizioni. Le parole “gestione congiunta” continuavano a risuonare nella mente di tutti, come un ineluttabile presagio di ciò che sarebbe accaduto.

Capitolo 2: Radici Marce

La vera origine dell’odio tra le due fazioni della famiglia Flarck non era un mistero per chi viveva nella tenuta. La rivalità tra Gregori Flarck e Yara Flarck, i figli di Anja, aveva segnato in modo indelebile il destino della famiglia, trasformando la tenuta da luogo di prosperità a terreno di battaglia.

Gregori, il primogenito, era sempre stato il favorito di Anja per le sue doti di leadership, la sua ambizione e la sua devozione alla famiglia. Tuttavia, questo aveva anche reso Gregori un uomo rigido, ossessionato dal potere e dall’apparenza. Aveva passato gran parte della sua vita a lavorare per consolidare il nome dei Flarck, stringendo alleanze, proteggendo le terre della famiglia, e garantendo che ogni decisione presa fosse a beneficio della casata.

Yara, al contrario, era una donna di spirito libero. Era stata la gioia di Anja da bambina, ma crescendo, il suo desiderio di libertà e la sua empatia l’avevano portata a scontrarsi con le rigide regole del fratello. Non era interessata al potere né alle responsabilità della famiglia. Yara desiderava un amore autentico, qualcosa che la facesse sentire viva, al di là dei giochi di potere e delle aspettative dei Flarck.

Fu durante un’estate di molti anni prima che Rafael, un giovane lavoratore della tenuta, entrò nella vita di Yara. Rafael era diverso dagli altri: gentile, intelligente, e, cosa più importante, trattava Yara come un essere umano e non come un simbolo della famiglia. L’amore tra Yara e Rafael era stato un segreto, un fuoco clandestino alimentato dall’ombra delle notti estive e dalle parole sussurrate tra gli alberi della foresta.

Quando Gregori scoprì la relazione, la sua reazione fu di rabbia feroce. Vedeva l’amore di sua sorella per Rafael come un affronto alla nobiltà della famiglia. Aveva tentato di interrompere la loro unione con ogni mezzo: minacce, manipolazioni e persino il ricorso alla violenza. Alla fine, Yara scelse l’amore su tutto e fuggì con Rafael, rompendo ogni legame con la famiglia.

Questo fu il primo vero schiaffo per Gregori, che considerò la scelta di Yara un tradimento, non solo verso di lui, ma verso tutto ciò per cui i Flarck avevano lavorato. Dopo la fuga di Yara, Gregori irrigidì ulteriormente il controllo sulla famiglia. Quando Rafael fu trovato morto qualche anno dopo, in circostanze misteriose, Yara tornò, distrutta. La sua riapparizione alimentò ancora più odio: Gregori rifiutò di offrirle supporto, accusandola indirettamente di aver causato la sua stessa rovina.

Capitolo 3: L’Inizio del Conflitto

La morte di Anja non portò altro che divisione. Il testamento fu come un detonatore pronto a esplodere, e non ci volle molto perché le due fazioni iniziassero a scontrarsi apertamente.

Il giorno dopo la lettura del testamento, Gregor convocò una riunione con il ramo della famiglia che gli era rimasto fedele. Erano seduti attorno al grande tavolo della biblioteca, un’enorme stanza con pareti di libri che andavano dal pavimento al soffitto. Boris osservava attentamente il padre, intuendo il malcontento crescente. Gregor non era mai stato un uomo che accettasse facilmente una sconfitta, e Boris sapeva che il suo vecchio stava già pianificando qualcosa per riprendere il controllo.

“Mia madre era vecchia e malata,” disse Gregor con un tono di voce basso, ma carico di rabbia trattenuta. “Le sue ultime decisioni non riflettono la vera necessità della famiglia. Non lascerò che questa ragazzina priva di esperienza si prenda ciò che è nostro.”

“Elara non ha alcun diritto di gestire queste terre,” intervenne Hilda, la cui voce era più fredda di una lama d’acciaio. “È giovane e idealista. Non sa nulla del sacrificio che richiede mantenere questa proprietà.”

Boris, tuttavia, rimase in silenzio, mentre la sua mente elaborava possibilità e strategie. Sapeva che l’opportunità di consolidare il potere dei Flarck stava arrivando, ma avrebbe dovuto agire con astuzia, senza fretta.

Nel frattempo, dall’altra parte della tenuta, Elara si ritrovò nella vecchia cucina insieme a Lena e a pochi dei lavoratori che avevano sempre sostenuto sua madre. Gli occhi di Elara si posarono sui volti conosciuti: vecchie rughe e mani callose che per anni avevano sostenuto il peso del lavoro nei campi e della cura della tenuta. Sentiva una sorta di familiarità e affetto che la facevano sentire protetta.

“Dobbiamo essere prudenti,” le disse Lena, appoggiando una mano sulla spalla di Elara. “Gregor è pericoloso, e non si fermerà davanti a nulla per riprendere ciò che pensa gli appartenga.”

Elara annuì. Non aveva intenzione di permettere che il volere di sua nonna venisse calpestato. Aveva promesso sulla tomba di sua madre che avrebbe onorato la memoria di Yara e che avrebbe fatto di tutto per proteggere ciò che le apparteneva. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma non era sola, e questo le dava la forza per affrontare le difficoltà.

Capitolo 4: Il Ballo di Mezzo Inverno

Il Ballo di Mezzo Inverno era una delle poche tradizioni che entrambe le fazioni dei Flarck avevano deciso di mantenere, anche nel mezzo di una guerra silenziosa che stava distruggendo la famiglia. Era una festa che portava con sé l’eredità del lignaggio Flarck: un momento di celebrazione, abbondanza e, soprattutto, di ostentazione del potere.

La grande sala del ballo era stata decorata con maestria, candelabri d’argento illuminavano il salone e i tendaggi erano stati rinnovati per l’occasione, di un rosso scuro intenso che richiamava i colori dello stemma di famiglia. L’orchestra suonava una melodia aggraziata, mentre i membri della famiglia e i loro ospiti danzavano e chiacchieravano in un’atmosfera che, almeno in superficie, sembrava serena. Ma sotto la facciata, la tensione tra i due rami dei Flarck era palpabile.

Elara si era preparata per il ballo con cura, indossando un abito azzurro che risaltava i suoi occhi e i suoi capelli scuri. Al suo fianco c’era Lena, la quale si assicurò che sua nipote fosse presentabile e all’altezza della situazione, consapevole che quella sera avrebbero dovuto affrontare Gregor e i suoi sostenitori.

Quando Elara e Lena entrarono nella sala, ogni conversazione si interruppe per un momento, mentre gli occhi dei presenti si voltavano verso di loro. Gregor era già lì, con Hilda e Boris al suo fianco. Il patriarca osservò Elara con un sorriso appena accennato, che tradiva un’intensa ostilità. Hilda, al suo fianco, non celava il disappunto nel vedere Elara rivaleggiare con la loro autorità, mentre Boris scrutava attentamente, come se stesse cercando punti deboli.

Mentre la musica proseguiva, Elara venne invitata a ballare da uno degli ospiti, un giovane signore di una famiglia alleata. Lei accettò con un leggero sorriso, ma i suoi occhi cercavano qualcos’altro nella sala. Ivar, il figlio di un cugino di Gregor, era lì, a un angolo, vestito con un abito scuro, con un’aria che suggeriva sia fascino che mistero. Ivar e Elara si conoscevano a malapena, ma c’era qualcosa negli occhi di Ivar che le dava conforto: sembrava diverso dagli altri, sembrava libero dalla sete di potere che corrompeva la famiglia.

Quando finalmente Ivar si fece avanti e le chiese un ballo, Elara accettò senza esitare. Mentre danzavano, i loro movimenti erano lenti e aggraziati, quasi a volersi distaccare dalla tensione che aleggiava attorno a loro. Ivar sussurrò a Elara, con un tono appena percettibile: “Quello che sta succedendo alla nostra famiglia è sbagliato. Dobbiamo trovare un modo per fermare questa follia.”

Elara lo guardò negli occhi, e per un istante vide una sincerità che non aveva mai percepito in nessun altro del ramo di Gregor. “Lo penso anch’io,” rispose sottovoce. “Ma come possiamo farlo, quando tutti sembrano volere solo conflitto?”

La musica terminò e Ivar fece un leggero inchino. “Qualcosa mi dice che troveremo un modo, Elara. Ma dobbiamo restare uniti.”

Ma la tregua della danza venne bruscamente interrotta quando uno degli uomini del ramo di Gregor cadde a terra, apparentemente privo di sensi. Il caos esplose immediatamente: la musica si fermò, le conversazioni si interruppero, e grida riempirono la sala. Hilda corse verso il marito, mentre Gregor urlava ordini, cercando di ristabilire un minimo di controllo.

Uno degli uomini, pallido e tremante, puntò un dito accusatorio verso Elara: “È stata lei! Ho visto qualcuno vicino alla sua parte della sala prima che accadesse!” La tensione si trasformò immediatamente in sospetto. Gli occhi di tutti si spostarono su Elara, e Gregor avanzò verso di lei, con lo sguardo oscuro e la voce tagliente: “Sei forse qui per avvelenare anche noi, Elara?”

Elara, con il cuore che batteva forte, fece un passo indietro. Lena si frappose tra lei e Gregor, sollevando la voce per la prima volta: “Non osare accusare Elara senza prove. Questa è solo una vile provocazione.”

Ivar si avvicinò rapidamente, mettendosi al fianco di Elara. “Dovremmo mantenere la calma,” disse con voce ferma. “Accusare senza prove non ci porterà da nessuna parte.”

Il momento sembrò durare un’eternità, ma alla fine Gregor, con evidente riluttanza, fece un passo indietro. “Non finirà qui, Elara. Il veleno scorre nelle radici di questa famiglia, e qualcuno lo pagherà.”

Capitolo 5: Gli Amori Segreti

Dopo il ballo, le cose cambiarono per Elara e Ivar. I loro incontri si fecero sempre più frequenti, e non passò molto prima che divenissero clandestini. Iniziarono a incontrarsi di nascosto, lontano dagli occhi della famiglia, sotto il cielo stellato della foresta che circondava la tenuta.

Una notte, decisero di incontrarsi al vecchio fienile, un luogo che un tempo era stato usato dai nonni di Elara e Gregor come rifugio durante i freddi inverni. Era un luogo che trasudava storia, un luogo di ricordi lontani. Ivar arrivò per primo, il suo cuore batteva più forte mentre attendeva Elara. Quando la vide arrivare, la luce della luna che filtrava attraverso le assi del tetto illuminava il suo volto, e per un momento gli sembrò la visione di una speranza che non aveva mai pensato di trovare tra i Flarck.

“È troppo pericoloso continuare a vederci in questo modo,” sussurrò Elara, mentre si avvicinava. Le sue dita sfiorarono quelle di Ivar, e lui la prese per mano, stringendola con delicatezza.

“So che lo è,” rispose Ivar, “ma io non posso rinunciare a te. La nostra famiglia è distrutta dall’odio, e non posso restare senza fare nulla mentre tutto si disintegra.”

Elara alzò lo sguardo, cercando il viso di Ivar. Nei suoi occhi c’era la lotta interiore tra ciò che sapeva essere giusto e il desiderio di fidarsi di qualcuno. “Dobbiamo trovare un modo per fermare tutto questo, Ivar,” disse infine. “Ma se ci scoprono… se mio zio o tuo padre venissero a saperlo, potrebbe essere la fine per noi.”

Ivar sorrise amaramente. “Non mi importa dei rischi. Mi importa solo di te e del fatto che forse, se riusciremo a stare insieme, potremmo mostrare loro che c’è un’altra via.”

Si avvicinarono l’uno all’altra, e Ivar sfiorò le labbra di Elara con un bacio lieve, come una promessa di qualcosa di più grande, qualcosa che avrebbe potuto cambiare le sorti della loro famiglia. Per quella notte, almeno, i problemi e i pericoli sembravano lontani. L’unica cosa che importava era il momento, e la speranza che quella scintilla potesse portare una nuova luce nella vita dei Flarck.

Capitolo 6: Le Ombre nella Notte

Le ombre notturne cominciarono a crescere attorno alla tenuta dei Flarck. Dopo l’incidente del ballo, incidenti misteriosi divennero sempre più frequenti. Gli uomini di Gregor trovarono spesso i loro carri danneggiati, i cavalli lasciati liberi durante la notte, e le scorte di cibo ridotte in cenere. Gli abitanti della tenuta iniziarono a sussurrare di un “nemico invisibile” che approfittava del conflitto interno della famiglia per indebolirli ulteriormente.

Boris, sempre più ambizioso e sospettoso, cominciò a vedere nemici ovunque. Iniziò a interrogare duramente i lavoratori della tenuta, cercando di scoprire se qualcuno di loro stesse complottando con Elara. Le sue tecniche erano dure, e molti cominciarono a temere per la propria sicurezza.

Elara, intanto, non riusciva a comprendere chi potesse essere dietro quegli atti. Nonostante il conflitto con il ramo di Gregor, lei e Lena non avrebbero mai attaccato in quel modo, e l’idea di un nemico esterno cominciò a farsi strada nei loro pensieri. Chiunque fosse, stava cercando di distruggere la famiglia sfruttando la divisione che ormai sembrava irreparabile.

Una notte, mentre Elara e Lena erano nella loro stanza, una delle serve della casa entrò di corsa, con il volto pallido e spaventato. “Signorina Elara, ho visto… ho visto qualcuno fuori dalla finestra! Una figura incappucciata… sembrava osservare la tenuta!”

Elara scattò in piedi. “Dove lo hai visto?” chiese, il cuore che batteva forte.

“Verso la foresta, signorina. Era come… come se stesse studiando la casa.”

Lena e Elara si scambiarono uno sguardo preoccupato. Non potevano più ignorare il fatto che qualcuno li stesse osservando, e quel qualcuno sembrava intenzionato a sfruttare la fragilità dei Flarck per i propri scopi.

“Sarà meglio che ci prepariamo,” disse Lena. “Chiunque sia là fuori, sa che siamo divisi, e lo userà contro di noi.”

Elara annuì. Sentiva che stava per accadere qualcosa di molto più grande e molto più oscuro di quanto avesse mai immaginato.

Capitolo 7: La Guerra dei Flarck

Il vento della divisione ormai soffiava impetuoso sulla tenuta dei Flarck. Dopo l’ennesimo incidente – l’incendio del magazzino di stoccaggio delle riserve alimentari – la situazione precipitò. Gregor, accecato dall’odio e dalla rabbia, chiamò a raccolta i suoi uomini, pronti a prendere il controllo delle terre “per proteggere la famiglia”. Dalla sua parte c’erano i fedeli alleati del ramo dei Flarck più conservatori, uomini che riconoscevano solo l’autorità dei primi nati e che consideravano Elara un’intrusa.

Elara, nel frattempo, sapeva che l’unica cosa che avrebbe potuto fermare il conflitto sarebbe stata la verità su chi stesse manipolando la famiglia. Ma il nemico restava nascosto, e la tensione si alzava di giorno in giorno. Decise di radunare i pochi che la sostenevano: Lena, sempre al suo fianco, e un piccolo gruppo di lavoratori fedeli a sua madre, persone che conoscevano la verità sull’ingiustizia subita da Yara e sul sacrificio di Rafael.

Gregor, ormai ossessionato, organizzò un attacco frontale contro la parte della tenuta dove risiedeva Elara. Decise di agire durante la notte, un momento in cui la guardia sarebbe stata abbassata e le difese della ragazza avrebbero potuto essere facilmente sorprese. L’idea di dover combattere contro sua stessa nipote non lo turbava minimamente; nella sua mente, Elara rappresentava il frutto di un tradimento, un’ombra indegna della stirpe.

La notte dell’attacco, i rumori dei carri e degli stivali pesanti riempirono l’aria fresca e umida. Boris, al fianco del padre, aveva uno sguardo freddo e calcolatore. Voleva vedere fino a che punto il loro lato della famiglia avrebbe spinto la situazione. Voleva il potere, ma al tempo stesso cercava di capire chi avrebbe ceduto per primo.

Elara, però, era stata avvertita in tempo grazie alla rete di lavoratori che avevano giurato fedeltà non alla divisione, ma al benessere della tenuta. Con Lena accanto a sé, radunò chi poté, e si prepararono alla difesa. Sapeva che non potevano competere numericamente con le forze di Gregor, ma il loro vantaggio era la conoscenza del terreno. Elara conosceva ogni passaggio, ogni nascondiglio, ogni punto debole della tenuta, grazie alle storie raccontatele da sua madre.

I primi colpi arrivarono sotto la copertura della notte: grida, porte sfondate, e il suono del legno che si spaccava riecheggiarono nell’oscurità. Gregor entrò nella parte della tenuta che apparteneva a Elara con la furia di chi crede di essere nel giusto. Brandiva una torcia, come se volesse incenerire il tradimento con le sue stesse mani.

Elara, nel frattempo, aveva organizzato la ritirata. Sapeva che una difesa totale sarebbe stata impossibile, così decise di agire in modo più intelligente, spostando il suo gruppo nella foresta. Attraverso passaggi segreti, Elara, Lena e i loro uomini lasciarono la tenuta, mentre Gregor e i suoi scoprirono solo stanze vuote e finestre spalancate.

Gregor urlò di rabbia quando si rese conto che Elara gli era sfuggita. Fece un gesto a Boris, che annuì e cominciò a dare istruzioni agli altri uomini. “Trovatela!” gridò. “Non deve andare lontano. Non può sfuggirci per sempre.”

Elara e Lena raggiunsero il cuore della foresta, un luogo che loro conoscevano bene ma che sarebbe stato ostile per chiunque altro. Si fermarono in una radura, e lì, alla luce delle torce, Elara guardò negli occhi i suoi uomini. “Non possiamo più tornare indietro,” disse, la voce piena di determinazione. “Ma non è ancora finita. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo smettere di combattere fra di noi e trovare il vero nemico che ci sta manipolando.”

Lena annuì. “E quel nemico è là fuori, da qualche parte. Lo troveremo, e quando lo faremo, dimostreremo a Gregor che il nostro vero nemico non è all’interno della nostra famiglia.”

Capitolo 8: Tradimenti e Alleanze

Mentre Elara e il suo gruppo si rifugiavano nella foresta, Boris iniziava a mettere in atto il suo piano personale. L’attacco contro Elara non era stato solo una mossa per riprendere il controllo della tenuta; era anche una prova per vedere fino a che punto il padre fosse disposto a spingersi, e quanto potesse sfruttare la situazione per i propri scopi.

Boris iniziò a contattare uomini che non avevano legami diretti con i Flarck, mercenari e alleati esterni che vedevano la possibilità di un guadagno nel caos familiare. Tra questi c’era un uomo chiamato Viktor, un tempo amico di Rafael, che ora si era fatto un nome come mercenario senza scrupoli. Boris gli offrì denaro e la promessa di terre se avessero aiutato a eliminare Elara e consolidare il potere del ramo di Gregor.

Hilda, però, cominciò a percepire qualcosa di strano nei comportamenti del figlio. Nonostante fosse lei stessa molto ambiziosa, l’idea che Boris stesse cercando di manipolare la situazione per il proprio tornaconto le metteva un tarlo nella mente. Hilda decise di agire da sola e iniziò a seguire di nascosto le mosse del figlio. Scoprì che Boris aveva incontrato Viktor e che stava pianificando un’alleanza che avrebbe potuto mettere in pericolo non solo Elara, ma anche Gregor.

Intanto, nella foresta, Elara e il suo gruppo continuarono a nascondersi, cercando di capire chi fosse il vero nemico. Una notte, mentre erano accampati vicino a un vecchio mulino abbandonato, Ivar li raggiunse, portando con sé delle informazioni cruciali. Ivar aveva rischiato molto per trovarli, ma il suo cuore gli aveva detto che doveva farlo. Quando arrivò, stanco e provato, Elara gli corse incontro.

“Ivar! Cosa ci fai qui? Potrebbero trovarti!” disse, preoccupata.

“Non mi importa,” rispose lui, ansimando. “Devi sapere cosa sta succedendo. Tuo zio non è l’unico problema. Boris sta tramando qualcosa con dei mercenari. Vuole eliminare sia te che… che Gregor.”

Le parole di Ivar lasciarono Elara e Lena senza parole. Boris stava giocando su entrambi i fronti, pronto a colpire chiunque per ottenere il potere. Lena fissò Ivar, cercando conferma nei suoi occhi. “E come possiamo fermarlo? Stiamo già combattendo per la nostra vita.”

“Unendo le forze,” rispose Ivar, senza esitazione. “Non possiamo continuare a combattere separati. Dobbiamo parlare con Gregor, fargli capire che Boris è il vero traditore.”

Elara abbassò lo sguardo, consapevole di quanto fosse difficile convincere Gregor. Ma sapeva anche che non avevano scelta. Se non avessero trovato un modo per unire le forze, Boris avrebbe distrutto tutto ciò che restava della loro famiglia.

Capitolo 9: La Fuga di Elara

Convincere Gregor non sarebbe stato facile, e Elara lo sapeva. Tuttavia, con il supporto di Ivar, decisero di provare a fare il primo passo. Elara e il suo piccolo gruppo cominciarono un rischioso viaggio attraverso la foresta per tornare alla tenuta. Dovevano entrare di nascosto e cercare di parlare direttamente con Gregor, senza passare per Boris o i suoi uomini.

Mentre si muovevano nella foresta, la tensione cresceva. Ogni ramo spezzato sotto i loro piedi sembrava un segnale di allarme, ogni rumore un possibile attacco. Ivar camminava accanto a Elara, pronto a proteggerla da qualsiasi pericolo. Sentiva una responsabilità verso di lei, non solo per la promessa fatta ma anche per i sentimenti che aveva sviluppato.

Nel mezzo del viaggio, una notte, furono scoperti da una pattuglia di mercenari. Si scatenò un inseguimento attraverso la foresta, con Elara e i suoi che cercavano disperatamente di sfuggire agli inseguitori. Lena, correndo al fianco di sua nipote, la spronava a non fermarsi, mentre Ivar chiudeva la fila, pronto a difendersi.

Arrivarono a un burrone, un profondo solco nel terreno che sembrava non avere fine. La situazione era disperata: i mercenari erano ormai troppo vicini, e la fuga sembrava impossibile. Elara si fermò per un momento, cercando di capire cosa fare, mentre i suoni dei loro inseguitori si facevano sempre più forti.

Ivar si avvicinò, prendendola per mano. “Abbiamo solo una possibilità. Dobbiamo saltare. C’è un vecchio passaggio che scorre sotto il burrone, se riusciamo a raggiungerlo… potremmo farcela.”

Gli occhi di Elara incontrarono quelli di Ivar, pieni di determinazione. Con un profondo respiro, accettò la sua mano. Senza ulteriori parole, saltarono nel vuoto, lasciandosi cadere nel buio. Il mondo attorno a loro sembrò fermarsi per un istante eterno, mentre il vento li avvolgeva, e poi, con un tonfo sordo, atterrarono sulla riva del fiume sottostante.

I mercenari, che li osservavano dall’alto, non osarono seguire. Elara e il suo gruppo, storditi ma salvi, riuscirono a scivolare via attraverso il vecchio passaggio, riuscendo a sfuggire, almeno per il momento.

Capitolo 10: Il Nemico Svelato

Dopo la fuga rocambolesca attraverso il burrone e la fuga lungo il fiume, Elara e il suo gruppo trovarono un rifugio temporaneo nella vecchia casa di un ex lavoratore della tenuta. Ivar, Lena, e il resto del gruppo sapevano che avrebbero dovuto pianificare con attenzione il loro ritorno. Era il momento di affrontare direttamente Gregor e rivelargli le intenzioni di Boris.

Nel frattempo, alla tenuta, Boris era sempre più aggressivo. La sua brama di potere non conosceva più limiti, e stava preparando il suo colpo finale. Aveva arruolato nuovi mercenari e li aveva dispersi lungo i confini della proprietà, come una rete pronta a chiudersi su chiunque osasse opporsi al suo controllo. Aveva anche convinto alcuni membri più giovani del ramo di Gregor a seguirlo con promesse di ricchezza e prestigio. La divisione all’interno del clan cresceva, e l’odio serpeggiava.

Quella stessa notte, Hilda si introdusse di nascosto nello studio di Boris. Aveva aspettato il momento giusto: quando Boris era impegnato fuori dalla tenuta, lei aveva la possibilità di scoprire i suoi piani. Mentre frugava tra le carte del figlio, trovò documenti che confermavano i contatti con Lord Haskel, un vecchio nemico della famiglia Flarck, uno che Gregor aveva combattuto anni prima.

Haskel era l’ombra che si nascondeva dietro l’odio tra i Flarck. Per anni, aveva atteso il momento giusto per vendicarsi, sfruttando le divisioni interne per distruggere la famiglia dall’interno. Hilda realizzò con orrore che Boris aveva stretto un’alleanza con Haskel, scambiando la sicurezza della propria famiglia per il potere personale. Era uno shock terribile, ma anche la prova di cui Elara avrebbe avuto bisogno per convincere Gregor della verità.

Hilda sapeva che il solo modo di salvare Gregor e forse l’intera famiglia era affrontare la realtà. Decise di lasciare la tenuta per raggiungere Elara, nonostante il rischio che comportava. Fuggì nel cuore della notte, usando i sentieri nascosti che solo chi conosceva la tenuta a fondo avrebbe saputo attraversare senza farsi notare.

Capitolo 11: Il Richiamo della Stirpe

Elara era sorpresa quando vide Hilda arrivare al rifugio. Il loro rapporto era sempre stato basato su sospetti e diffidenza, ma Hilda appariva diversa, esausta, e con un’ombra di disperazione negli occhi. La tensione tra le due era palpabile quando Hilda si avvicinò, ma non c’era più tempo per rancori e divisioni.

“Devi ascoltarmi, Elara,” disse Hilda con voce tesa, ancora ansimante per il lungo tragitto attraverso i boschi. “C’è qualcosa di molto più grande dietro tutto questo. Boris ha fatto un patto con il diavolo… ha stretto un accordo con Lord Haskel.”

Elara si irrigidì, le sue mani si strinsero fino a farsi sbiancare le nocche. Lord Haskel era una figura oscura, nota nelle storie di famiglia come il più acerrimo rivale dei Flarck, colui che in passato aveva cercato di distruggere la loro stirpe, utilizzando mezzi subdoli e violenti. Sapere che Boris aveva stretto un’alleanza con un tale uomo faceva tremare le fondamenta stesse del clan.

“Dobbiamo fermarlo,” disse Hilda, il viso segnato dall’angoscia e dal rimorso. “So di aver sbagliato a sostenere Gregor in questa battaglia, ma ora capisco. Non possiamo permettere che il nostro stesso sangue distrugga ciò che resta della nostra famiglia.”

Ivar osservava attentamente, intuendo che la chiave per superare la divisione stava proprio nel far sì che Hilda ed Elara lavorassero insieme. Elara rimase in silenzio per un lungo momento, poi annuì. “Se vogliamo fermare Boris e Haskel, abbiamo bisogno di Gregor. Non sarà facile, ma dobbiamo convincerlo della verità.”

Capitolo 12: Riunificazione

La notte successiva, con l’aiuto di Hilda, Elara e il suo gruppo riuscirono a rientrare nella tenuta. Dovevano muoversi con cautela, poiché i mercenari di Boris erano ovunque. Hilda si assunse il compito di portare Elara e Ivar nello studio di Gregor, mentre Lena e gli altri tenevano d’occhio i movimenti degli uomini di Boris.

La tensione era altissima quando Elara e Hilda entrarono nello studio di Gregor, trovandolo seduto al grande tavolo di quercia, assorto nei suoi pensieri. Alzò lo sguardo quando le vide entrare, e la sua espressione cambiò dal sospetto all’ira.

“Che cosa significa questo, Hilda?” domandò Gregor, alzandosi in piedi con uno scatto. “Perché hai portato qui lei?” indicò Elara con disprezzo, ma Hilda fece un passo avanti, mettendosi tra i due.

“Devi ascoltarci, Gregor. Non è come pensi,” iniziò Hilda. “Boris ha stretto un accordo con Lord Haskel. Vuole distruggere la nostra famiglia e prendere tutto per sé. Devi ascoltare Elara.”

Gregor rimase in silenzio per un lungo momento, poi scoppiò in una risata amara. “Lord Haskel? Sei impazzita, Hilda? Boris non farebbe mai una cosa simile.” Ma la sua voce tradiva il dubbio, una crepa nella sua sicurezza che Hilda non si lasciò sfuggire.

Elara avanzò, il viso fermo e la voce controllata, nonostante il nervosismo che le attanagliava lo stomaco. “Tutto ciò che ti stiamo chiedendo è di guardare le prove, zio. Non chiedo fiducia, ma solo di ascoltare. Se continuerai a chiudere gli occhi di fronte alla realtà, tutto ciò che tua madre e mio padre hanno costruito andrà in fumo.”

Gregor esitò, e in quell’esitazione, Hilda colse il momento giusto. Gli porse i documenti che aveva sottratto allo studio di Boris. Con mani tremanti, Gregor prese i fogli, i suoi occhi passavano rapidamente sulle parole, e pian piano il colore gli sparì dal volto. Era tutto lì, nero su bianco: le lettere di Haskel, gli accordi con i mercenari, i piani per prendere il controllo.

Gregor abbassò il foglio, lo sguardo che incontrò quello di Elara non era più solo di odio, ma anche di disperazione e confusione. “Perché non mi ha detto nulla… mio figlio, il mio stesso sangue.”

Hilda gli posò una mano sulla spalla. “Perché Boris non vede più la famiglia, Gregor. Vede solo il potere. E per questo è pronto a distruggerci.”

Con un profondo sospiro, Gregor si sedette pesantemente, come se tutto il peso degli anni lo stesse schiacciando in quel momento. Guardò Elara con occhi meno duri. “Se Haskel è davvero dietro tutto questo, allora dobbiamo agire. Non mi fido di te, Elara, ma mi fido del fatto che entrambi vogliamo che la nostra famiglia sopravviva. Cosa proponi?”

Elara si fece avanti, il cuore che batteva forte ma con una nuova speranza. “Dobbiamo unire le nostre forze. Dobbiamo essere pronti a combattere Boris e i mercenari di Haskel. La famiglia Flarck deve restare unita, o cadrà.”

Capitolo 13: La Battaglia della Valle

Con un piano finalmente stabilito, i Flarck si prepararono per affrontare il nemico comune. La notizia dell’alleanza tra Gregor ed Elara si diffuse rapidamente tra i loro sostenitori, e ciò portò un’inaspettata ondata di fiducia. Gli uomini di Gregor e quelli fedeli a Elara, insieme per la prima volta dopo anni, cominciarono a organizzarsi per quello che sarebbe stato lo scontro decisivo contro Boris e i mercenari di Haskel.

Il piano era semplice, ma rischioso: attaccare Boris nella Valle di Luner, il luogo dove i mercenari si erano radunati e dove avevano stabilito il loro quartier generale temporaneo. La valle era un terreno difficile, con ripidi pendii e un fiume che l’attraversava, ma rappresentava anche l’unica possibilità di attaccare i nemici di sorpresa, sfruttando la loro sicurezza.

Il mattino dell’attacco, il cielo era coperto di nubi scure, quasi presagisse il conflitto imminente. Elara, con l’armatura leggera e la spada al fianco, era in testa al gruppo insieme a Gregor. Per la prima volta, i loro passi avanzavano nello stesso ritmo, il loro obiettivo comune. Dietro di loro, Hilda, Ivar, e Lena erano pronti, consapevoli dei rischi e determinati a non lasciare nulla al caso.

Quando il segnale venne dato, l’attacco si scatenò con la forza di una tempesta. Elara guidò il suo gruppo attraverso il bosco che circondava la valle, mentre Gregor e i suoi uomini scesero dai pendii opposti. L’elemento sorpresa fu dalla loro parte, almeno all’inizio. Le prime linee dei mercenari di Haskel furono colte impreparate, ma la battaglia si intensificò rapidamente.

Boris, vedendo la disfatta iniziale, non si lasciò prendere dal panico. Si fece avanti, impugnando la spada e incitando i suoi uomini con parole velenose. Quando vide Elara combattere al fianco di suo padre, qualcosa in lui si spezzò. La sua furia divenne cieca, e si lanciò in avanti, cercando di raggiungere sua cugina.

Nel mezzo della battaglia, Ivar intercettò Boris prima che potesse raggiungere Elara. I due si affrontarono in un duello feroce, spade che scintillavano nella luce grigia del giorno, colpi che echeggiavano sopra il frastuono del combattimento. “Fermati, Boris! Non devi continuare su questa strada!” gridò Ivar, cercando di far ragionare il cugino.

Ma Boris era ormai accecato dall’odio e dalla sete di potere. Con uno scatto si liberò di Ivar, avanzando verso Elara, pronto a colpirla. Gregor vide la scena, e per la prima volta nella sua vita, capì che il vero pericolo non veniva da sua nipote, ma da quello che suo figlio era diventato.

Con un grido disperato, Gregor si lanciò verso Boris, fermandolo prima che potesse colpire Elara. I due uomini si affrontarono per un lungo istante, padre e figlio, con la spada di Gregor che fermava quella di Boris a un soffio da Elara. “Fermati, Boris. Questo è il punto di non ritorno,” disse Gregor con la voce rotta dal dolore. Ma Boris, accecato dalla follia, cercò di colpire ancora.

Fu Hilda a intervenire. Si frappose tra i due uomini, e con lacrime agli occhi, gridò: “Basta! Siamo una famiglia! Non possiamo distruggerci l’un l’altro.” La voce di Hilda risuonò sopra il caos, e per un istante, tutto sembrò fermarsi.

Boris esitò, ma quel momento di esitazione fu fatale. Uno dei mercenari, vedendo il leader in difficoltà, scagliò una freccia verso di loro. Gregor, senza pensarci due volte, si mise tra la freccia e suo figlio, cadendo al suolo. Elara, vedendo lo zio ferito, si girò verso Boris, con uno sguardo colmo di dolore e determinazione.

“Boris, è finita. Haskel ha solo usato la tua ambizione per distruggerci tutti. Non puoi vincere così,” disse con voce ferma. Boris, vedendo suo padre a terra, qualcosa nel suo sguardo cambiò. L’odio sembrava svanire, sostituito da una terribile consapevolezza: aveva sbagliato, aveva perso tutto.

Con la caduta di Gregor e la resa di Boris, i mercenari di Haskel furono dispersi. La battaglia finì con un misto di vittoria e tragedia per i Flarck. Hilda e Elara, insieme a Ivar e Lena, riuscirono a far fronte comune per fermare il nemico esterno e, allo stesso tempo, salvare quel che rimaneva della famiglia.

Lord Haskel fuggì, ma il suo piano per distruggere i Flarck era fallito. La famiglia, nonostante le perdite, era riuscita a riunirsi.

Capitolo 14: Un Patto di Sangue

Il campo di battaglia nella Valle di Luner era ora silenzioso, eccetto per il rumore del vento che soffiava tra le colline e il gorgoglio del fiume che scorreva lento. Gli uomini rimasti si muovevano tra i corpi dei caduti, recuperando i feriti e cercando di raccogliere i cocci di una famiglia devastata. Gregor giaceva a terra, colpito dalla freccia che aveva intercettato per proteggere suo figlio Boris. Il suo respiro era affannoso, e gli occhi stanchi si muovevano lentamente da un volto all’altro, cercando di cogliere ciò che accadeva attorno a lui.

Hilda era inginocchiata accanto al marito, le mani tremanti mentre cercava di fermare il sangue con un panno. Il suo viso era rigato di lacrime, ma la sua voce rimase ferma mentre sussurrava a Gregor parole di conforto. “Hai protetto tuo figlio, Gregor. Hai dimostrato di essere un uomo capace di amare oltre l’odio.”

Elara si avvicinò, con Ivar al suo fianco, il cuore appesantito dal dolore e dalle emozioni contrastanti. Guardò Gregor, l’uomo che per anni aveva rappresentato tutto ciò che lei aveva disprezzato, eppure in quel momento vide anche un uomo che aveva sacrificato se stesso per proteggere la propria famiglia.

Gregor sollevò debolmente una mano, facendosi forza per parlare. “Elara… forse ti ho sempre vista come una minaccia perché… perché ero spaventato,” disse, con un filo di voce. “Ma ora vedo… che tu rappresenti il futuro della nostra famiglia. Non lasciare che il nostro nome si perda nell’odio.”

Elara si inginocchiò accanto a lui, prendendo la sua mano tra le sue. “Prometto che proteggerò la nostra famiglia, zio. Non permetterò che ciò che è successo qui si ripeta mai più.”

Poco distante, Boris stava osservando la scena, con lo sguardo smarrito e devastato. Vedendo suo padre, il peso delle sue azioni lo travolse come un’onda che lo trascinava verso il fondo. Si avvicinò lentamente, cadendo in ginocchio accanto a Gregor, il suo volto rigato di lacrime che non riusciva più a trattenere. “Padre, io… io ho fallito. Ho distrutto tutto.”

Gregor fece un debole sorriso, scuotendo la testa. “Boris, non tutto è perduto. Puoi ancora redimerti… devi proteggere tua cugina, e portare avanti quello che abbiamo iniziato. Non permettere che Haskel o chiunque altro distrugga quello che è rimasto.”

Le parole di Gregor rimasero sospese nell’aria, e con un ultimo respiro profondo, chiuse gli occhi, lasciando una sensazione di silenzio e solennità nella valle. La sua morte segnò non solo la fine di una generazione di conflitti, ma anche l’inizio di una possibilità di redenzione.

Elara, Hilda, Ivar, e persino Boris si scambiarono uno sguardo di silenziosa intesa. Erano sopravvissuti, e ora spettava a loro ricostruire ciò che era andato perduto. Il sangue che avevano versato doveva diventare il cemento con cui saldare le divisioni e dare una nuova direzione ai Flarck.

Il giorno dopo, si riunirono attorno a un grande falò nel cuore della valle. Hilda, con il volto segnato dalla stanchezza ma anche dalla determinazione, prese la parola. “Dobbiamo fare un patto. Un patto di sangue che ci leghi non solo come famiglia, ma come custodi della nostra eredità.”

Elara annuì, alzandosi. Prese un piccolo coltello e si fece un taglio lieve sul palmo della mano, poi passò la lama a Ivar, che fece lo stesso. Anche Boris e Hilda seguirono il gesto. Poi, si unirono in cerchio, le mani intrecciate, lasciando che il sangue scivolasse e si unisse, mescolandosi come simbolo di unione e rinascita.

Elara parlò, la sua voce chiara e sicura. “Noi, come famiglia Flarck, giuriamo di proteggere la nostra stirpe e di non permettere mai più che l’odio ci divida. Promettiamo di combattere insieme contro chiunque minacci il nostro nome e di agire sempre nel rispetto di ciò che i nostri antenati hanno costruito.”

Con quelle parole, il patto di sangue fu sigillato. Le mani unite formarono una catena che nessuno avrebbe potuto spezzare. Quel momento sancì una nuova era per i Flarck, una in cui non ci sarebbero più stati Gregor contro Yara, o Boris contro Elara, ma una famiglia pronta a ricostruire e difendere le proprie terre insieme.

Capitolo 15: Nuove Radici

I giorni successivi alla battaglia nella Valle di Luner furono dedicati alla cura dei feriti e alla ricostruzione. La tenuta dei Flarck, che era stata il teatro di tanti conflitti, tornò ad essere un luogo di lavoro, speranza e persino armonia. Elara, Ivar, Hilda, e Boris decisero che per voltare pagina avrebbero dovuto fare qualcosa di significativo.

Al centro delle terre dei Flarck, in un grande prato verde circondato dalla foresta, decisero di piantare un nuovo albero. Era un antico simbolo della famiglia, il simbolo della vita che cresce, delle radici che affondano in profondità e dei rami che si estendono verso il cielo. Elara prese il primo seme e lo piantò nel terreno, aiutata da Ivar e da Boris. Le loro mani lavoravano insieme, senza più divisioni.

Boris, che fino a poco tempo prima era stato mosso solo dalla sete di potere, sembrava un uomo cambiato. La morte del padre aveva aperto in lui una ferita, ma anche una possibilità di redenzione. Si era messo al fianco di Elara, cercando di dimostrare con le azioni ciò che le parole non potevano più cancellare.

Mentre l’albero veniva piantato, Hilda si rivolse a tutti i lavoratori della tenuta, che si erano riuniti per assistere a quel momento simbolico. “Questo albero rappresenta il nostro futuro. Le sue radici affonderanno nella nostra terra, proprio come noi affondiamo le nostre vite in questa famiglia. Che sia un simbolo di pace, unione e prosperità.”

Il piccolo albero, piantato nel cuore delle terre dei Flarck, fu ben presto circondato dalle cure di tutti. Le persone della tenuta lo vedevano come il segno di un nuovo inizio, qualcosa che avrebbero protetto insieme.

Elara, con Ivar al suo fianco, sentiva finalmente di poter respirare liberamente. Guardò il piccolo albero e poi il volto di Ivar, un sorriso si formò sulle sue labbra. “Abbiamo un lungo cammino davanti a noi,” disse, mentre intrecciava le sue dita con quelle di Ivar. “Ma non ho mai sentito la nostra famiglia così unita.”

Ivar annuì, il suo sguardo pieno di fiducia. “Ci saranno ancora sfide, ma ora sappiamo di poterle affrontare insieme. Le nostre radici sono forti e non ci sarà nessun vento capace di abbatterci.”

Boris si avvicinò, lo sguardo finalmente libero dall’ombra dell’odio. “Prometto di rimediare ai miei errori, e di fare tutto ciò che posso per rendere questo posto il luogo che nostra nonna avrebbe voluto.”

Hilda li osservava, la fierezza di una madre nei suoi occhi. Aveva perso suo marito, ma sentiva che Gregor aveva lasciato dietro di sé un’eredità che meritava di essere protetta. Aveva visto il peggio del conflitto e ora assisteva all’alba di una nuova speranza.

Il sole tramontava oltre le colline, i suoi raggi dipingevano il cielo di sfumature dorate e arancioni. Le terre dei Flarck, che avevano conosciuto così tanto dolore, sembravano risplendere sotto la luce di una nuova possibilità.

Le radici del veleno erano state purificate, e in quelle terre erano state piantate nuove radici, simbolo di rinascita e di un futuro che non avrebbe più visto i membri della famiglia combattere tra loro. Elara guardò la tenuta, il piccolo albero e i volti delle persone attorno a lei, e si rese conto che la famiglia Flarck era finalmente pronta a crescere, nonostante le ferite, nonostante le perdite.

La loro storia di lotta, sacrificio e amore avrebbe potuto essere raccontata come una storia di riscatto, di come, anche nel mezzo del dolore e del tradimento, le radici dell’amore avessero trovato la forza di fiorire di nuovo.


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